La piattaforma (1) Chi siamo, dove andiamo…

  • March 4, 2014 17:32

Siamo lavoratori e lavoratrici del sociale (assistenti sociali, educatori, oss, psicologi, etc.). Lavoriamo in servizi e progetti educativi, riabilitativi e di sostegno in Servizi rivolti a persone in difficoltà (anziani, disabili, minori, persone con disagi psichici, persone con problemi di dipendenze, adulti in difficoltà, etc). Svolgiamo la nostra attività nell’ambito del sistema organizzato delle risorse sociali, a favore di individui, gruppi e famiglie, per prevenire e risolvere situazioni di bisogno.  Abbiamo costituito, in moltissime città italiane, forme di auto-organizzazione dal basso: sindacati di base, coordinamenti, collettivi per difendere la dignità, la stabilità, la professionalità, i diritti e il senso del nostro lavoro contro le politiche che negli ultimi anni hanno attaccato lo Stato Sociale, creando su vasta scala e a cascata, profondo disagio. Abbiamo deciso di costituire un Coordinamento Nazionale di gruppi, realtà collettive, singoli lavoratrici/tori e delegati di base aperto, democratico e multiforme per coordinare le nostre iniziative fino ad arrivare, attraverso un percorso senza steccati, progressivo e inclusivo ad una dimensione organizzativa nazionale rispettosa delle reciproche differenze, capace di integrare tra loro le esperienze locali, che ci permetta di contestare efficacemente queste politiche.

Affermiamo il bisogno di un’azione che vada oltre la classica vertenza sindacale rispettando chi si impegna in un’azione sindacale autentica, solidale, forte e combattiva che oggi quasi ovunque manca, una azione sindacale capace di far rispettare i diritti che ormai sembrano una cosa del passato, calpestata da tutti.

Affermiamo il bisogno di una azione sindacale autentica, solidale, forte e combattiva che oggi quasi ovunque manca, una azione sindacale capace di far rispettare i diritti che ormai sembrano una cosa del passato, calpestata da tutti.

Tra il 2008 e il 2013 i  fondi nazionali per le politiche sociali (328/06; 285/97; etc. etc.) hanno subito un taglio netto dell’95% (nel 2008 erano oltre i 2,5 miliardi, nell’anno 2013 sono stati di poche decine di milioni di euro).

• I sempre maggiori ritardi nei pagamenti da parte delle Regioni, delle Province e dei Comuni a cooperative e associazioni costringono queste ultime all’indebitamento per poter pagare gli stipendi, oppure i lavoratori e le lavoratrici a lavorare per mesi senza percepire stipendio.

Tutto ciò si traduce in riduzioni e chiusure di servizi, diritti negati ai cittadini, rischio di disoccupazione per molti lavoratori/trici e peggioramento delle condizioni di vita di tante persone svantaggiate, oltre a problemi che tornano a scaricarsi per intero sulle famiglie.

Chiediamo il ripristino immediato dei fondi nazionali per la sanità e l’assistenza

A fronte della diminuzione dei fondi statali, molti comuni hanno aumentato l’esternalizzazione dei servizi, ridotto o eliminato i contributi erogati alle famiglie e al terzo settore, hanno aumentato la compartecipazione ai costi dei servizi da parte degli utenti; molte ASL hanno stretto i cordoni della borsa chiudendo addirittura ospedali interi, peggiorando i servizi, il rapporto tra numero di personale e numero di utenti… Ovviamente tutto questo avviene senza che si vadano a toccare altre voci assai meno utili e nobili: le spese militari, le grandi opere come il TAV o l’Expo, la corruzione, gli stipendi favolosi dei grandi dirigenti pubblici, dai ministeri alle ASL agli Enti Locali. Non si toccano i favolosi interessi finanziari delle banche, in settembre il governo ha fatto uno sconto fiscale di 2 miliardi (!!) alle società di gestione di bingo e slot machine, per non parlare dei mille privilegi, evasioni ecc.

La sanità, l’assistenza, i diritti dei cittadini sembrano dunque semplicemente non essere una priorità.

 

La generazione precedente alla nostra ha avuto la fortuna di una vita abbastanza stabile, data da posti di lavoro abbastanza sicuri e da un welfare che aiutava le persone nei momenti di difficoltà. Questo fu il frutto della sconfitta del fascismo e poi il frutto di continue lotte, anche quando sembravano più difficili come negli anni 50-60. La solidarietà tra lavoratori/trici, studenti, casalinghe ecc. è stata, negli anni ’70-80, così forte da ottenere cose come il Servizio Sanitario Nazionale (che prima non c’era), la chiusura dei manicomi, la scuola per tutti, i contratti di lavoro nazionali (prima c’erano le “gabbie salariali”)…

 

Invece noi, lavoratori del sociale (e non solo) che oggi abbiamo tra i 25 e i 50 anni, siamo incastrati in un meccanismo infernale che ci condanna sempre più alla povertà e alla precarietà, anche se il nostro lavoro è difficile, faticoso e a volte pericoloso.

Siamo iperqualificati, facciamo continuamente formazioni e aggiornamenti ma se guardiamo ai nostri salari siamo poco sopra la soglia di povertà (600 euro per l’Istat). Veniamo continuamente lodati per l’importanza del nostro lavoro, ma non godiamo di nessuna considerazione sociale. Senza di noi il Paese non potrebbe funzionare, ma i nostri contratti sono sempre più precari. Svolgiamo una funzione obiettivamente “pubblica”, ma veniamo privatizzati, sfruttati, messi in concorrenza tra noi …e restiamo senza stipendi per mesi e anche anni perché gli Enti non pagano!

Come abbiamo fatto finora ad accettare tutto questo? Fino a quando accetteremo ?

 

Ci hanno insegnato per anni la che la nostra funzione fosse mediare tra le istituzioni e chi vive il disagio. Ma le istituzioni non danno più risposte né agli operatori né agli utenti, per cui mediare non ha senso: è ora di riaprire un ciclo di conflitti che recuperi la parte migliore di quello vissuto dai nostri padri e madri, fratelli e sorelle maggiori negli anni ‘70.

 

A partire da questi dati in questi mesi, in tutta Italia, i lavoratori e le lavoratrici del sociale si sono messi in movimento perché c’è urgentemente bisogno di una nuova stagione della solidarietà. È ora di riaprire un ciclo di cambiamenti che sappia riproporre la centralità dei diritti delle persone rispetto ai profitti delle banche.