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VADEMECUM salute e sicurezza

  • April 27, 2020 19:31

Nell’Italia del Covid-19, degli “eroi” in corsia e della scoperta da parte degli Italiani dei tagli traumatici che la politica, in tutte le sue espressioni, negli ultimi 30 anni ha praticato in tutti i servizi pubblici, Sanità in primis, esiste un settore, che è cresciuto in modo considerevole. Esistono circa 340 mila istituzioni non profit, oltre 5 milioni di volontari e 788 mila dipendenti, da meritare un capitolo a parte nella leggenda della economia: il Terzo Settore. Questa area del sistema di protezione sociale, sin dal primo DPCM, è stata investita dal governo, del ruolo di gestore dei servizi essenziali e re-inventore di servizi alternativi a distanza per i servizi sospesi, come scuole, centri diurni anziani ed Handicap. Tali servizi sono considerati talmente essenziali che vengono trattati differentemente da regione a regione. Gli operatori vengono pagati tra i 5 ed i 10 euro l’ora, lordi, e i servizi si assegnano attraverso i bandi che, a proposito di essenzialità, in caso di mancata disponibilità di fondi da parte degli enti, possono prevederne la chiusura. Le lavoratrici e i lavoratori in questione, da anni, lottano per segnalare tali condizioni di lavoro non dignitose, rese ancora più complesse, dall’emergenza Covid-19. L’emergenza ha portato alla luce, non ancora sui mass media, se non per casi di cronaca, le difficili condizioni nelle quali siamo costretti ad eseguire la nostra attività lavorativa. Con la mancanza di Dvr adeguati, i rischi a cui siamo esposti sono: l’assenza di politiche di prevenzione, limitate condizioni di sicurezza, fornitura di Dpi spesso inidonei, scarsità di formazione ed addestramento, se non a macchia di leopardo, in base alle capacità dei lavoratori e delle lavoratrici di imporne l’organizzazione. Per questo, come rete intersindacale e rete nazionale educatori ed educatrici, proviamo a dare e a darci 6 pratici consigli per lavorare in SICUREZZA. 

VADEMECUM PER OPERATORI SOCIALI – 

  1. Di chi è la responsabilità della salute e della sicurezza sul posto di lavoro? 

La responsabilità del rispetto delle norme, di salute e sicurezza, negli ambienti di lavoro, in primo luogo spetta al datore di lavoro, come previsto dal testo unico 81/08 e successive modificazioni. Il datore di lavoro tramite la stesura del DVR, il documento di valutazione dei rischi, deve valutare i fattori di rischio, elencare le forme di prevenzione, formazione,addestramento ed in ultimo anche i Dpi che mette a disposizione dei lavoratori e delle lavoratrici per svolgere le mansioni. Nomina il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione che aiuta il Datore di Lavoro nel coordinare il servizio di prevenzione e protezione. Alla figura del preposto spetta segnalare tempestivamente al datore di lavoro (o al dirigente) le deficienze dei mezzi, delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, così come ogni condizione di pericolo che si verifichi durante l’attività lavorativa. Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza deve segnalare immediatamente le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, l’utilizzare corretto delle attrezzature di lavoro, qualsiasi eventuale condizione di pericolo grave e incombente di cui sia venuto direttamente a conoscenza o di cui abbia ricevuto notizie dai colleghi. In quanto

RLS deve adoperarsi anche direttamente, in caso di urgenza, sempre nell’ambito delle proprie competenze e possibilità, alla sua eliminazione o riduzione.

  1. Chi mi deve fornire i DPI adeguati allo svolgimento della prestazione? 

Guanti, mascherine, copri-scarpe, camici e tutti gli altri DPI, conformi alle disposizioni vigenti nei protocolli, devono essere forniti dal datore di lavoro in quanto responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro che deve mettere a disposizione anche le strategie preventive (sanificazione, interventi concordati per mantenere la distanza sociale).

  1. Cosa mi comporto se non mi vengono forniti DPI idonei o mi trovo in situazione di 

pericolo? Faccio riferimento alle indicazioni aziendali riguardanti la gestione delle emergenze. Sapendo che posso abbandonare il luogo di lavoro (art. 2 della L. 146/90,Possibilità di indire uno sciopero senza preavviso e L. 81/08 Art 44) per un pericolo grave,immediato e non evitabile. Su i Dispositivi di Protezione Individuale posso fare segnalazione formale al RLS (Rappresentante Lavoratori sulla Sicurezza) aziendale e al RSPP ( Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione). Nel caso l’RLS non risponda in modo soddisfacente o non sia presente nella mia azienda, posso contattare l’RLST (Rappresentante Lavoratori sulla Sicurezza Territoriale), in caso di mancate o inefficaci risposte, mi rivolgo agli uffici dell’ASL di competenza,Spresal (Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro). In ogni azienda, i lavoratori e le lavoratrici, possono eleggere i propri rappresentanti Rls; in caso non fossero presenti in azienda ci si può rivolgere al rappresentante dei lavoratori territoriale. Per cui in caso di dubbi o per una domanda specifica, rivolgersi agli Rls aziendali o eventualmente a quelli territoriali.

  1. Come mi comporto se percepisco cambiamenti delle condizioni di salute dell’utente o 

delle persone conviventi? Eventuali condizioni di pericolo immediato devono essere segnalate subito all’azienda, allontanandosi dal luogo di lavoro e nel caso di mancata osservanza delle leggi, denunciato a tutte le autorità competenti, evidenziando la mancata tutela della salute e della sicurezza e delle normative italiane ed europee (D. Lgs. 81 2008, art. 2087 codice civile e in applicazione Direttive Ue);

  1. Come gestisco le comunicazioni, anche improvvise, col mio datore di lavoro? 

Nel caso di una comunicazione urgente, in primo luogo si comunica telefonicamente. Nel caso di assenza di una risposta si procede in forma scritta tramite mail o fax. Questa è un’indicazione generale che vale sempre e a maggior ragione durante l’attuale emergenza, come strumento di ulteriore tutela se si dovessero verificare successive controversie tra me e il datore di lavoro.

Rete Intersindacale e Rete Nazionale Operatori e Operatrici Sociali –

100% DIGNITA’ 100% SALUTE 100% SALARIO

  • April 27, 2020 19:21

SERVIZI SOCIALI ESTERNALIZZATI: Vogliamo il 100% di Dignità, Salute e Salario

E così siamo arrivati alla fine di questo strano e drammatico mese di marzo. Il pensiero immediatamente va alle migliaia di persone che hanno perso la vita e ai milioni che la stanno vedendo messa a rischio per motivi di salute in primis, ma non solo, come sappiamo sulla nostra pelle. Il presente è nebuloso e il futuro è incerto. Per questo oggi più che mai avremmo bisogno di certezze. Come lavoratori e lavoratrici del sociale esternalizzati abbiamo ben presente cosa significa prendersi cura delle persone e sappiamo bene il valore del sostegno e dell’aiuto.

Ma conosciamo altrettanto bene anche la difficoltà della precarietà della vita e del lavoro. Fin dall’inizio di questa emergenza sosteniamo che le conseguenze dell’attuale pandemia non devono colpire né quei lavoratori che dispongono di minori tutele e il cui reddito è, purtroppo, indissolubilmente legato all’erogazione delle prestazioni, né le persone che in questo momento necessitano ancor più di relazioni di cura. Fra questi c’è sicuramente il personale impiegato, con qualunque tipo di rapporto lavorativo: autonomo, atipico o dipendente, in ogni caso esternalizzato, nei servizi socio-educativi e socio-sanitari, nelle attività di integrazione scolastica, educativa domiciliare, centri diurni. Il presupposto da cui partiamo è che ai lavoratori e alle lavoratrici esternalizzati, siano riconosciute le ore lavorative non espletate o non espletabili per causa di forza maggiore, nello specifico dalla sospensione delle attività didattiche ed educative “in presenza”, disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 6/2020.

Allo stato attuale delle cose, il Governo invece di garantire la tutela della salute pubblica e un reddito a chi al momento non ce l’ha – e siamo in tantissimi – dimostra il proprio asservimento alla logica padronale di Confindustria e dei suoi partners, costringendo ancora moltissime persone, anche nelle zone più colpite da questa emergenza sanitaria, ad andare a lavorare per non fermare i profitti di pochi, condannando lavoratrici e lavoratori a diventare veicolo di contagio per sé, per gli altri, e per i propri cari. Anche nel nostro settore ancora troppi i Servizi definiti Essenziali, tenuti aperti da parte degli Enti Gestori nonostante l’assenza di protocolli di sicurezza e la scarsità di Dispositivi di Protezione Individuale, danno luogo a continui e documentati contagi fra utenti ed operatori. Siamo preoccupati inoltre per la situazione difficilissima in cui vertono le strutture residenziali dedicate all’accoglienza delle persone immigrate, alcune delle quali in sovraffollamento, spesso senza sufficienti tutele sia per gli ospiti che per gli operatori, così come le residenze per anziani e disabili che rischiano di diventare dei vespai di infezione. Anche in questi contesti i colleghi, oltre alla pericolosità per la propria salute e quella dei propri familiari che si somma alla preoccupazione di contagio tra gli utenti, si trovano a fare i conti con orari ovviamente decurtati e con la conseguente necessità di dover utilizzare ferie e permessi.

In questa situazione di disagio e difficoltà di tutte/i, in particolare della nostra utenza, vorremmo contribuire, continuando a lavorare, sempre nel rispetto delle leggi e dei regolamenti che delineano il nostro intervento, tessendo relazioni di cura, di sostegno, di mediazione e rete tra diversi enti, a partire da scuola e famiglia, per come questo ci sarà possibile. Questo è lo scopo del nostro lavoro, che sempre parte da una situazione reale di difficoltà. Anche per questo caso il nostro lavoro merita il 100%, non può essere misurato minuto per minuto, non può essere riparametrato come fossimo dei lavoratori a cottimo.

Quello che noi, come lavoratori e lavoratrici chiediamo, è l’applicazione, da parte degli enti di prossimità, senza nessuna eccezione, dell’articolo 48 del decreto Cura Italia che ha autorizzato gli enti locali all’erogazione dei fondi già messi a bilancio preventivo per le attività socio-educative e il mantenimento dei servizi al 100%. Gli enti appaltanti possono – non devono – pagare il 100%: se non lo faranno se ne assumeranno la responsabilità politica e sociale. Attualmente, al momento in cui stendiamo questo comunicato, quasi nessun Comune e Città metropolitane ha recepito il Decreto nella sua ratio, cioè impegnandosi a pagare il 100% del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso l’istituzione del telelavoro. È travisando completamente gli obiettivi e le modalità del lavoro educativo perciò che, laddove sono partite rimodulazioni dei Servizi in telelavoro, per la maggior parte dei casi sono stati stanziati monte ore dimezzati rispetto a quelli a bilancio. In alcuni casi abbiamo notizie che le ore vengano erogate a seconda dei minuti effettivi svolti dagli operatori che sono costretti a lunghe, meticolose ed umilianti rendicontazioni, gettando loro ancora una volta nella logica del lavoro a cottimo che noi rifiutiamo. Gli enti appaltanti devono riconoscere, insieme al monte ore totale per ciascun utente che seguiamo e per ogni ora dei servizi assegnati, anche il 100% della nostra dignità professionale. Dal momento che i comuni sono stati messi di fronte ad una possibilità e non ad un obbligo, in queste settimane si è creata una grande disomogeneità di reddito per i lavoratori e di servizi erogati per gli utenti, a seconda delle scelte dei Comuni italiani e delle Città Metropolitane, che adottano ogni volta disposizioni differenti tra loro. Siamo disponibili a svolgere, ove possibile, il nostro lavoro a distanza e chiediamo di investire le ore di non frontalità, che non riusciamo a fare, in corsi di formazione, in ore di programmazione e di confronto con i Servizi, e per questo crediamo sia necessario agire a livello governativo affinché diventi un obbligo per tutti gli enti gestori l’erogazione totale delle ore che si sarebbero svolte in una situazione di normalità senza differenziazioni e senza lasciare spazi ad altre interpretazioni.

Inoltre, il Decreto, ad un’analisi approfondita, allart. 48, sin dalla prima riga del primo comma, fa riferimento ai “servizi educativi e scolastici, di cui all’art 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65”. Quel Decreto Legislativo riguarda l’Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”, cioè la scuola materna, e si occupa anche dell’integrazione scolastica, ma – ovviamente – solo in relazione a quel livello scolastico. Per effetto di quell’errore nella norma, gli enti appaltanti potrebbero rifiutarsi di impiegare i fondi di cui già dispongono per retribuire gli assistenti educativi, eccezion fatta solo per quelli che lavorano nella scuola materna. Ipotizziamo che la norma di riferimento dovesse essere per forza il Decreto Legislativo n. 66 del 13 aprile 2017, riguardante le “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità’”.

Per cui chiediamo la modifica immediata dell’articolo 48 del Decreto “Cura Italia”:

– che gli enti siano obbligati a procedere con il pagamento dei servizi educativi ed assistenziali, senza eccezioni.

– che le norme di riferimento siano 65 e 66 del 13 aprile 2017

Siamo consapevoli che la lotta continuerà. La sua buona riuscita dipende, anche, da come avremo la capacità di unirci su un piano nazionale per spingere le nostre rivendicazioni in ogni territorio, in ciascun Comune e che gli esiti dipenderanno moltissimo da come lavoratrici e lavoratori ci organizzeremo nelle Cooperative e nei territori; da come utilizzeremo gli strumenti sindacali, unendoci in organismi territoriali di lotta e di difesa dei diritti, della salute e della dignità, solidarizzando e valorizzando il protagonismo di ciascuna/o e rifiutando le logiche di delega.

Per questo co-firmiamo unitariamente questo Comunicato ed invitiamo altre realtà di educatori e altri Sindacati ad unirsi a noi.

CUB FIRENZE E PROVINCIA

CUB SANITA’ FIRENZE E PROVINCIA

CUB SANITA’ ROMA

SIAL COBAS

SOCIAL WORKERS

COMITATO ROMANO AEC

EDUCATORI UNITI CONTRO I TAGLI BOLOGNA

LA BOTTEGA DELLE LINGUE

ADL COBAS

SGB SINDACATO GENERALE DI BASE

EDUCATRICI E EDUCATORI DI BOLOGNA E PROVINCIA

EDUCATRICI E EDUCATORI DI RAVENNA

EDUCATRICI E EDUCATORI GENOVESI

COLLETTIVO EDUCATORI E OPERATORI DEL SOCIALE PARMA E PROVINCIA

RETE OPERATORI SOCIALI LA SPEZIA

ASSOCIAZIONE EDURADUNO

EDUCATORI E OPERATORI SOCIALI MONZA E BRIANZA CUB

COLLETTIVO EDUKI REGGIO EMILIA

ASSEMBLEA AUTOCONVOCATA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DEL SOCIALE DI FIRENZE

RETE OPERATORI SOCIALI MILANO

OPERATORI SOCIALI MANTOVA

RETE EDUCATORI E EDUCATRICI RIMINI

EDUCATRICI EDUCATORI DEL VARESOTTO

CLAP-CAMERE DEL LAVORO AUTONOMO E PRECARIO

USI-CIT COOPERATIVE SOCIALI