LA “LEGGE IORI”: UN PASSO AVANTI, MA SOLO IL PRIMO

  • February 17, 2018 19:47

La legge conosciuta ai più come “legge Iori” (e poi Iori – Binetti) non è riuscita a concretizzarsi con il classico iter parlamentare. Questo la dice lunga sulle difficoltà che ha incontrato durante il proprio percorso, percorso che ha portato a molte mediazioni, a compromessi ed a qualche cambio di rotta e ha, infine, condotto in porto quella che ora conosciamo come “legge 205, comma 594 – 601”.

Da un certo punto di vista riteniamo questa legge positiva, soprattutto la consideriamo un buon “primo passo” verso una regolamentazione ed un riconoscimento di figure professionali fino a ieri lasciate quasi al caso.
Nello specifico:
– Permette per la prima volta di abbozzare i primi passi per la creazione di una categoria professionale degli educatori e dei pedagogisti, professioni che fino ad oggi sono sempre risultate frammentate e poco riconosciute da un punto di vista lavorativo, politico e socioeconomico.
– Specifica una lista di ambiti di azione dell’educatore che, seppur con il rischio di essere limitante e limitata, permette di definire con più attenzione e precisione il raggio di azione di una professione spesso sotto sfruttamento e ricatto, a causa di un’assenza di identità propria e di confini operativi chiari e non fraintendibili.
– Presenta delle norme transitorie che permetteranno il passaggio verso la “normalizzazione” legale di coloro che svolgono questo lavoro da anni e sono entrati in questo mondo professionale con titoli e percorsi formativi ritenuti idonei, fino ad oggi, per svolgere il ruolo di educatore.
Gli aspetti di criticità della legge in questione appaiono di una certa entità:
– Separa in maniera definitiva i percorsi e gli ambiti lavorativi delle figure di educatore sociale ed educatore sanitario, non riuscendo ad uscire da dinamiche accademiche e lobbistiche e creando una separazione interna ad una categoria professionale in formazione. In questo modo viene avallato lo scontro, già vivo e attivo, tra queste due figure e discipline anziché fare afferire il lavoro dell’educatore in toto all’interno dell’ambito delle discipline pedagogiche.
– Le norme transitorie non rispondono ad un sistema meritocratico di valutazione di competenze, ma strutturano un ventaglio molto ampio di selezione in cui chi svolge la professione di educatore da tre anni e messo sullo stesso livello di chi la svolge da 19, senza andare a valutare, attraverso la creazione di giusti scaglioni, la professionalità sviluppata ed effettivamente messa in campo. Tali norme, oltre ad appiattire e svalorizzare le varie sfumature dell’esperienza sviluppata, non tengono conto dei percorsi annuali di formazione continua ed obbligatoria, fondamentale ed assolutamente mirata allo sviluppo di competenze da mettere in campo nella quotidianità lavorativa.

Attendiamo a questo punto con ansia il decreto che illustri l’attuazione di tale Legge. Uno dei punti centrali, sul quale bisognerà ancora molto discutere e confrontarsi, sarà certamente l’aspetto economico, ovvero l’onere lasciato alle tasche delle lavoratrici (la stragrande maggioranza della categoria) e dei lavoratori. Questi si ritroveranno ad affrontare spese non certo irrisorie per procedere alla “regolarizzazione” della propria posizione, per poi ritrovarsi verosimilmente, con lo stesso contratto (tra l’altro scaduto dal 2012) con il quale sono partiti.
Crediamo che un dialogo serio vada aperto con le organizzazioni rappresentative di categoria, le cooperative, i sindacati ed il mondo accademico, per fare in modo che istituzioni con un potenziale economico vivo ed esistente, possano supportare il percorso formativo di coloro che contribuiscono, con il lavoro diretto e con le quote sociali, alla creazione di tali risorse finanziarie.

Questa legge, attesa e con un impatto molto importante sul mondo professionale degli educatori e dei pedagogisti, appare come un passo primo, un inizio, un abbozzo di percorso. Acquisterà valore e significato soltanto nello sviluppo dei successivi passaggi, che dovrebbero condurre alla determinazione di una reale categoria professionale in termini di identità e riconoscimento.

Riteniamo infine che non possano essere sempre i lavoratori coloro ai quali presentare il conto di una cattiva gestione istituzionale dettata, il più delle volte, dagli interessi particolaristici di quel preciso momento.

Educatori Uniti Contro i Tagli