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Legge Iori: GIOCO DELLA TORRE O TRAMPOLINO DI LANCIO?

  • February 17, 2018 19:52
written by Operatori Sociali Milano

SE SARA’ UNA CONQUISTA DIPENDERA’ DA NOI LAVORATORI E LAVORATRICI E DALLE MOBILITAZIONI CHE RIUSCIREMO A COSTRUIRE

Il 2017 si chiude con l’approvazione della legge Iori, dopo un lungo iter parlamentare che aveva coinvolto anche la Rete Nazionale Operatori Sociali; fin da subito emerge tra i lavoratori e le lavoratrici un importante dilemma: la nuova legge servirà a “buttare giù dalla torre” tanti operatori sociali e altrettanti insegnamenti fondamentali che costituiscono la ricchezza professionale del settore oppure è un primo importante passo verso una migliore definizione e regolamentazione del nostro lavoro?

In vigore dal 1° gennaio 2018 la Legge Iori (Legge 205, comma 594-601” “Disciplina della professione di educatori e pedagogisti”) ha stabilito che per svolgere la professione di educatore e pedagogista saranno necessarie le specifiche lauree (L-19 scienze dell’educazione; L-SNT2 medicina e chirurgia; per fare gli educatori. LM-50; LM-57; LM-85, LM-93 come lauree magistrali).

E chi già lavora con questo ruolo senza laurea o con altri titoli?

Se si lavora da almeno 3 anni, con regolare contratto, ci si potrà riqualificare presso le università, acquisendo 60 Cfu e l’equiparazione con il titolo in Scienze dell’educazione e la finestra per usufruire di queste norme transitorie è di 3 anni dall’emissione della legge.

Se il lavoratore/lavoratrice ha già 20 anni di regolare lavoro o 50 d’età con 10 anni di regolare lavoro è già “equiparato”.

Diversamente da chi, per molti anni, si è speso a favore di un’unificazione della categoria, sia dal punto di vista della formazione, che dal punto di vista del ruolo professionale, la legge Iori (così come il contemporaneo decreto Lorenzin) stabilisce l’esistenza di due profili, due percorsi, due ruoli differenti: educatori socio-sanitari e educatori socio-pedagogici, ripercorrendo la logica per cui nel 1998, con il D.M. 520, la lobby medica stabilì un riconoscimento legislativo ai laureati di classe L-SNT/2, così nel 2017 la lobby pedagogica, con la Legge 205 – Iori, dà riconoscimento legislativo ai laureati in Scienze dell’educazione.

Così come i primi esclusero i secondi dai Servizi Sanitari, ora viceversa, i secondi escludono i primi da mansioni socio-pedagogiche. Peccato che, fino ad ora, nel mondo del lavoro, agli uni e agli altri, siano state richieste le stesse mansioni di progettazione e realizzazione di progetti legati al benessere globale della persona, uguale è stato l’ingiusto riconoscimento salariale e uguale dovrebbe essere l’organizzazione multidisciplinare dei Servizi (per cui gli educatori insieme a psicologi, sociologi, antropologi, medici, assistenti sociali, operatori socio-sanitari vanno a costruire quella globalità e organicità di risposte alla complessità dei bisogni dei soggetti con cui lavorano).

Una cosa è chiara a noi della Rete Operatori Operatrici Sociali Milano: se davvero questa legge è stata approvata per dare dignità e riconoscimento ad una categoria per troppi anni rimasta indefinita, a causa di una cattiva gestione istituzionale, allora questo intento deve attraversare l’intero sistema di Welfare e dei Servizi alla persona. Come dire: fatta la legge che stabilisce l’accesso al lavoro, ora si pensi al lavoro! Crediamo che il giudizio rispetto a questa legge sia legato alla modalità con cui verrà applicata e molto dipenderà dalla possibilità di invertire il trend di disinvestimento e precarizzazione dell’intero settore. Se questa legge avrà solo l’effetto di ri-mandare migliaia di lavoratori, precari e sottopagati, a riqualificarsi in università, facendo pagare loro il prezzo di un vuoto legislativo, per poi ritrovarsi a lavorare alle stesse condizioni, con gli stessi pessimi contratti, il nostro giudizio sarà totalmente negativo e la nostra opposizione netta.

Gli Enti gestori e le Centrali Cooperative cosa faranno per agevolare i lavoratori e le lavoratrici nel percorso di riqualifica?

I sindacati cosa faranno per sostenere i lavoratori e le lavoratrici nel riconoscimento nella formazione sul campo, nell’inquadramento contrattuale a fronte della titolarità ottenuta ?

Crediamo che sia fondamentale che nei prossimi mesi studenti e lavoratori del settore colgano questo importante passaggio e si organizzino per costruire la più ampia mobilitazione possibile insieme alle forze sindacali, e insieme alle Reti già esistenti, affinché:

  • Si rivendichi la possibilità di non far ricadere i costi della riqualifica interamente sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori.

  • Tutti/e possano usufruire dei permessi studio (come previsto dai Contratti Nazionali)

  • Venga stabilita una maniera per vedersi riconosciuta la continua formazione che negli anni di lavoro ciascuno/a ha sostenuto (come previsto dai Contratti Nazionale)

  • Si rivendichi un reale riconoscimento della professione che passi anche dal miglioramento delle condizioni di lavoro e miglioramento delle condizioni dei Servizi.

Crediamo che a partire da questa questione se ne debbano sviluppare tante altre, a partire da un miglioramento salariale, in un momento in cui sono aperte le contrattazioni per il rinnovo dei contratti di categoria, a partire dal C.C.N.L. delle Cooperative Sociali scaduto da oltre 5 anni.

Difendiamo i nostri diritti e la dignità del nostro lavoro!

LA LEGGE 2656 IORI-BINETTI VA CAMBIATA ! SCARICA SUI LAVORATORI IL PREZZO DI UN DECENNALE VUOTO ISTITUZIONALE

  • June 17, 2016 07:53

La Rete Nazionale Operatori Operatrici Sociali (ReNOS) ha seguito con particolare interesse gli sviluppi di costruzione della legge 2656, dalla prima stesura del testo unico al susseguirsi dei vari emendamenti che, in corso d’opera, ne hanno caratterizzato e modificato la sostanza.
Vogliamo esprimere il nostro punto di vista, quello di centinaia di lavoratori e lavoratrici, aderenti alla Rete, in merito a questa proposta di legge, probabilmente prossima alla sua approvazione.
Riteniamo fondamentale che tutti gli educatori/educatrici vengano a conoscenza di questo progetto di legge e delle istanze di cambiamento dello stesso, che dalla base stanno emergendo.
Riteniamo doveroso che le future commissioni parlamentari che dovranno valutare la proposta di legge, prima della sua approvazione, tengano in seria considerazione queste stesse istanze.

NO ALLA SEPARAZIONE IN DUE PROFILI E RUOLI PROFESSIONALI DIFFERENTI:
Questa proposta di legge sancisce la divisione tra due tipi di educatori, due percorsi formativi, due diversi ambiti d’intervento: l’educatore socio-pedagogico e l’educatore socio-sanitario. Ma a chi giova questa divisione?
Due figure differenti che vanno contro alle tendenze europee di unificazione dei percorsi, due identità che sanciscono definitivamente i poteri individualistici delle accademie che, invece di integrarsi per generare un unico percorso formativo completo e definitivo, sottoscrivono i propri interessi personalistici e differenziano ulteriormente i curricula formativi e gli sbocchi occupazionali; due tipologie che generano un problema di discrepanza tra il numero di operatori necessari al funzionamento dei Servizi e il numero di laureati (eclatante il caso dei Servizi Socio-Sanitari che non potrebbero esistere con la sola presenza dei laureati di classe L SNT/2). Una divisione che non trova chiarezza rispetto agli sbocchi occupazionali nei Servizi misti socio-sanitari (per lo più Servizi per la disabilità media e grave). Una divisione che rischia di scindere ulteriormente l’identità professionale dell’educatore, creando un livello di serie A e uno di serie B.
Due definizioni che escludono, nel disegno di legge, migliaia di lavoratori e lavoratrici che da anni operano nei Servizi con stessi ruoli e mansioni degli educatori, ma che sono stati vittima della totale mancanza di regolamentazione e dal marasma per decenni ignorato dallo Stato e avvallato dalle singole Regioni. Figure fondamentali che negli anni e nelle differenze locali sono state chiamate AEC — Assistenti Educativi Culturali, alla Comunicazione — e che hanno svolto con entusiasmo e devozione mansioni educative del tutto identiche a quelle descritte nella legge 2656. Questi professionisti non possono ora, nel totale silenzio e sotto il velo di una crisi economico-culturale che prova a risparmiare fondi a discapito dei lavoratori, trovarsi nell’umiliazione di non venire riconosciuti nella proposta di legge Iori per ciò che hanno costruito finora e vivere l’umiliazione di restare senza lavoro. Questa non può essere una legge che ancora una volta disunisce, crea disuguaglianze e nasconde, dietro parole nobili come identità ed educazione, un concreto ennesimo rischio di carneficina di decine di migliaia di lavoratori professionisti.

NECESSITA’ INDISCUTIBILE DI RIDEFINIRE E RIQUALIFICARE LA FIGURA DELL’EDUCATORE:
Certo riteniamo fosse necessaria una legge che riconoscesse e qualificasse la professionalità e l’operatività delle figure educative e pedagogiche. Riteniamo valido aver stabilito che d’ora in avanti la laurea sia un requisito fondamentale per l’esercizio della professione. Ma crediamo anche sia fondamentale salvaguardare tutta una realtà professionale e una realtà di Servizi preesistente, che si è costituita in anni di esperienza sul campo e di formazione continua; da qui l’importanza di norme transitorie il più possibile inclusive e tutelanti per la continuità lavorativa e la qualità dei Servizi. Norme che siano verosimili, che tengano in considerazione l’effettiva incidenza degli anni di esperienza sul campo e delle svariate ore di formazione continua annuale nel percorso di formazione della professionalità.
Una realtà fortemente frammentata, diversificata, esternalizzata e svenduta al miglior privato offerente che per decenni non è stata istituzionalmente regolamentata non può essere oggi risolta riversando i costi e le conseguenze di questa parziale regolamentazione sui lavoratori. Dunque la proposta contenuta nella legge Iori-Binetti di un corso universitario intensivo di almeno un anno, e non meglio specificato, per riqualificare quegli operatori definiti “senza titolo”, non può essere pagato dai singoli lavoratori e lavoratrici di una categoria che tutti sanno essere sottopagata.

Chiediamo con forze che ci sia una risposta chiara ad ALTRE DOMANDE FONDAMENTALI E AD ALCUNE IPOTESI DI MODIFICA che la legge non affronta, ma che sono determinanti per la vita professionale di migliaia di lavoratori e lavoratrici del settore:

Sono previsti stanziamenti di fondi straordinari per sostenere economicamente lo svolgimento dei corsi intensivi previsti dalle norme transitorie?

Come può essere sostenibile, a livello di tempo e di impegno richiesti, un corso intensivo per lavoratori e lavoratrici, con età superiore ai 35 anni, quindi con figli e famiglia, che già lavorano a tempo pieno?

Quale criterio, se non quello dell’esclusione di molti, è realmente sotteso alla scelta politica di stabilire per l’acquisizione diretta della qualifica i criteri di 50 anni d’età, 20 anni di anzianità di servizio e un contratto di lavoro a tempo indeterminato?

Nei futuri ed eventuali concorsi pubblici indetti dall’azienda ASL sarà consentita la partecipazione dei laureati in Scienze dell’Educazione (oggi esclusi) e di coloro che usufruiranno delle norme transitorie per la regolarizzazione del titolo?

Perché non prevedere un dispositivo di riqualifica professionale che prenda in seria considerazione gli anni di esperienza sul campo, la formazione acquisita e attestata nel corso degli anni di lavoro e un investimento sulla formazione continua che gli operatori hanno il diritto e il dovere di svolgere annualmente?
(Ad es. corsi annuali con ottenimento di crediti ECM, contemplati all’interno del percorso lavorativo come nel modello adottato per gli operatori del pubblico impiego?)

art.3 comma 1: “L’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano nei servizi e nei presidi socio-educativi e socio-assistenziali, nonché nei servizi e presidi socio-sanitari con riguardo agli aspetti socio-educativi”
Quali sono gli aspetti socio-educativi e quali quelli socio-sanitari, all’interno dell’ambito educativo di cui unicamente si sta parlando?

A quale tendenza di welfare questa riorganizzazione dei titoli di accesso alle professioni sia funzionale? Essa si muove nell’ottica di un arricchimento economico, di risorse, di valorizzazione di culture e saperi maturati in anni di cooperativismo sul campo nell’ambito degli interventi sociali, o se forse, come più probabile, non è invece funzionale alle logiche di smantellamento e privatizzazione del welfare pubblico e affiliazione alle esigenze imprenditoriali del Terzo Settore e del Mercato privatistico del sociale?
Non è forse una coincidenza che il Civil Act (riforma del Terzo Settore del governo Renzi) preveda l’ingresso del volontariato (ben 100.000 risorse umane a basso costo) per compensare la perdita (o meglio smaltimento forzato) di decine e decine di migliaia (60.000 circa) di lavoratori su cui incombe la pesante ” riorganizzazione” degli ultimi emendamenti della Legge Iori?

Noi crediamo nella costruzione di una società fondata sull’inclusione, l’uguaglianza, la solidarietà e la giustizia sociale. Vogliamo che si ponga fine alla guerra tra poveri, alla logica del dividi et impera, dello scaricare sulle spalle dei cittadini, dei lavoratori, delle fasce più deboli il prezzo di decenni di cattiva gestione istituzionale e interessi lobbistici.

#cambiamolaleggeiori

Rete Nazionale ReNOS