L’IMPORTANZA DI FARE RETE. Storia della romana AEC e della categoria (in costruzione) degli Operatori Sociali verso il 7° Incontro Nazionale

  • April 17, 2016 18:04

volantino VII Inc NazionaleAlla vigilia del 1° Maggio 2016 la rete ReNos raggiunge la capitale per il VII Incontro Nazionale. Mancano poche settimane all’evento e sono ormai confermate le principali adesioni dei diversi gruppi di lavoratori.

Fra i tanti, provenienti da gran parte della penisola, ci saranno gli Educatori Contro i Tagli di Bologna, che hanno animato la rete sin dal primo incontro a Milano nel 2013 e gli anconetani promotori dell’incontro del 2015. “Proprio ad Ancona abbiamo avuto il piacere di incontrare due colleghi romani del gruppo Assistenti Educativi Culturali. Fabrizio e Marina” racconta Matteo degli Operatori Sociali Milano.

Fabrizio delinea un quadro complesso e per certi versi drammatico della gestione del Welfare romano e il pensiero corre subito alle brutte faccende legate a mafia capitale: “Viviamo ancora in questa situazione dove le cooperative indagate vincono gli appalti” e continua descrivendo le difficoltà di fare rete tra i lavoratori “il territorio è molto frammentato e non ha aiutato il passaggio dalle circoscrizioni ai municipi. I municipi infatti hanno riferimenti politici diversi e il comune sovvenziona più alcuni a discapito di altri . Va da se che alcune cooperative si sono ritrovate ad avere fondi per i progetti mentre altre meno”.

Il gruppo AEC nasce ufficialmente su FB nel 2012 a seguito di una direttiva da parte del comune di Roma che vietava agli operatori di dar da mangiare ai bambini nelle mense e consumare il pasto con loro. “La questione per noi non era tanto il mangiare o meno in mensa ma il fatto che non veniva riconosciuto il nostro ruolo educativo. Inoltre ci preoccupava il fatto che i bambini potessero avere l’impressione che noi fossimo una figura di terzo piano”. Spiega Fabrizio che insieme ad una sua collega decisero di far fronte alla situazione con una rivolta pacifica. “Invece di mangiare con i bambini ce ne stavamo alzati in piedi vicino a loro e intervenivamo solo se c’era un bisogno legato alla sicurezza del minore. Alla fine la preside ha garantito il pranzo agli operatori andando di fatto contro le direttive del comune. Era chiaro che la questione nasceva da un problema di riconoscimento della nostra figura. Il divieto di condividere il pasto era una sorta di ripicca del comune che da tempo era in contrapposizione con i sindacati che avevano intrapreso una battaglia per il riconoscimento della nostra figura all’interno della scuola” (fonti ufficiose prive di riscontri ufficiali).

Da due lavoratori oggi la pagina facebook dell’Assistente Educativo Culturale conta più di 500 like nel gruppo e più di 600 nelle pagine fb e piu di 354 follower su twitter. Proprio grazie ad una ricerca in rete sono venuti in contatto con gli operatori sociali di Bologna e quindi con la Rete Nazionale.

Il luogo da noi scelto per l’incontro è situato nel quartiere MonteMario in Piazza Santa Maria della Pietà, 5 presso l’Associazione Ex Lavanderia all’interno del parco dell’Ex Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietà – Padiglione 31.
L’Associazione Ex lavanderia nasce a gennaio 2005, 3 mesi dopo l’occupazione del Padiglione 31 da parte di associazioni e cittadini. L’occupazione del 15 ottobre 2004 è servita a mantenere la destinazione pubblica e culturale  per la quale la Ex lavanderia fu ristrutturata con fondi pubblici nel 2000, così come i 5 padiglioni destinati ad ostelli della gioventù  che, purtroppo, sono stati smantellati dalla ASL RME. Attualmente l’associazione è provvista di tutto ciò che necessita per la realizzazione dell’incontro. Essendo gestita da ragazzi l’ambiente non sarà di certo splendido come il luogo fornito dai colleghi di Ancona ma di sicuro adeguato al tema che dibatteremo. Siamo pronti ad accogliere il VII incontro!” dice Fabrizio al termine di una lunga e intensa intervista telefonica.

L’o.d.g. pubblicato sui social già da diverse settimane appare molto corposo e ruoterà attorno alle riflessioni nate a seguito della pubblicazione degli strumenti prodotti dalla rete in questo ultimo anno: “Proposte di linee guida per i bandi dei gruppi socio-educativi” a cura degli Educatori Uniti di Bologna, “Manualetto di Autodifesa del Lavoratore Sociale” a cura degli Operatori Sociali di Milano.
Verrà ripresa in mano la Piattaforma ReNOS per ricomprenderne i possibili utilizzi e ampio spazio sarà dedicato alla questione del rinnovo del Ccnl delle Coop. Sociali scaduto ormai da tre anni. “E’ nell’aria già da tempo anche una campagna per il riconoscimento di lavoro usurante che a chi come noi non ha più l’energia dei 20 anni pare una campagna più che urgente” ironizza Matteo di Firenze.

Già dalla mattina verrà affrontato un tema caldo per gli operatori sociali ovvero la legge Iori (PDL 2656). I padroni di casa dell’AEC preannunciano di voler proporre di lavorare affinchè anche la loro figura venga riconosciuta.

 

Per Info e adesioni:

www.retenazionaleoperatorisociali.noblogs.org

fb Rete Nazionale Operatori Sociali

contatto telefonico per l’incontro di Roma: AEC 3490960649

 

Adesioni

  • Educatori Contro i Tagli Bologna
  • Rete Operatrici e Operatori del Sociale di Bologna
  • EducatoriSenzaDiritti Monza
  • OperatoriSocialiMilano
  • Educatori Fiorentini 
  • Rete Diritti Operatori/trici sociali Ancona
  • Operatori Sociali Genova
  • Comitato sociale AEC Roma
  • Assistenti Specialisti Roma
  • Operatori AEC Roma
  • Coordinamento Nazionale Assistenti all’ autonomia e comunicazione Agrigento
  • Operatori Sociali Reggio Calabria
  • EducAttivi Rimini
  • Cub Torino

 

 

 

 

VII Incontro RENOS – Rete Nazionale Operatori Sociali

  • March 29, 2016 18:00

ROMA 30 Aprile 2016

la educationQuartiere MonteMario, Piazza Santa Maria della Pietà, 5 presso l’Associazione Ex Lavanderia – parco dell’Ex Ospedale –

 Il prossimo incontro nazionale ReNos avverrà nella capitale. Sarà il comitato sociale AEC (gruppo Assistenti Educativi Culturali), conosciuto durante il precedente incontro ad Ancona, a fare gli onori di casa. Prevediamo una giornata ricca di incontri e importanti temi di discussione, conditi con la consueta voglia di continuare a costruire, passo dopo passo, un percorso che difende e valorizza da anni il ruolo dell’operatore sociale nella tutela e salvaguardia dei diritti dei lavoratori e delle persone che usufruiscono dei servizi.

Vi aspettiamo per condividere pensieri e azioni!

O.d.G in costruzione

10:00 Accoglienza e Benvenuto. Apertura del VII Incontro RENOS (Rete Nazionale Operatori Sociali).
Presentazione dei gruppi

11:00  Inizio dei lavori: breve intervento del comitato a descrizione della situazione    romana

11:30

  • Aggiornamento sulla legge Iori 2656 (Campagna per il riconoscimento degli educatori senza titolo) e dibattito.


13:00 Pausa pranzo ( buffet freddo, bevande, caffè sono ad offerta libera per altre esigenze ci si può recare al bar della exlavanderia )

14:00 Ripresa dei lavori. Strumenti prodotti dalla Rete:

  1. Documento con proposte di linee guida per i bandi dei gruppi socio-educativi (a cura degli Educatori Uniti di Bologna): come è stato utilizzato.
  2. Manualetto di Autodifesa del Lavoratore Sociale ( a cura degli Operatori Sociali di Milano): come è stato utilizzato. 
  3. Piattaforma ReNOS: possibili utilizzi.

15:00 Rinnovo Ccnl delle Coop. Sociali.

Proposta per campagna riconoscimento lavoro usurante. Quali azioni intraprendere.

16:00 Interventi
17:00 Chiusura dei lavori. Termine del VII incontro della Rete Nazionale ReNos.
Saluti e ringraziamenti – 17,30


Proposta documento per le linee guida socio-educativi

  • February 22, 2016 19:53

La Rete Educatrici ed Educatori di Bologna e gli Educatori contro i Tagli presentano:

“Documento con proposte di linee guida per i bandi dei gruppi socio-educativi”


Dopo il disastroso bando dello scorso anno per i servizi socio-educativi del Comune di Bologna abbiamo deciso di informarci, studiare e lavorare a questo documento in cui presentiamo il punto di vista degli educatori che lavorano direttamente in tali servizi.

Siamo partiti da alcune semplici domande: Come vorremmo che fossero questi servizi? Cosa serve perché siano dei servizi efficienti? Come dovrebbe contenere un bando?

Per rispondere a queste domande abbiamo cercato di comprendere il funzionamento, anche dal punto di vista economico, di un bando di gara.

Il documento è stato pensato nello specifico per i socio-educativi di Bologna ma può servire da spunto per i bandi di molti servizi educativi anche in altre città.

Qua sotto potete aprire e scaricare il documento in Pdf.

Proposta linee guida definitivo

I diritti in tasca. Un manuale di autodifesa del lavoratore sociale. Prodotto dagli Operatori Sociali di Milano e hinterland .

  • November 20, 2015 14:19

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Qui lo puoi scaricare in pdf: manuale di autodifesa

Visita il link degli Operatori Sociali di Milano e hinterland http://operatorisociali.noblogs.org/

EDUCATORI: STOP ALLA GIUNGLA DEI TITOLI DI STUDIO Salvaguardando chi lavora senza titolo. Audizione in Parlamento sulla legge Iori per la rete ReNOS e Educatori Uniti.

  • October 19, 2015 18:47
Manca ancora mezz’ora all’inizio dell’audizione e i rappresentanti delle associazioni degli educatori e dei pedagogisti vengono fatti accomodare in una sala davanti all’aula delle commissioni.
L’audizione verte sulla proposta di legge Iori che vuole mettere ordine alla giungla dei titoli di studio nel campo educativo. Dopo un incontro a fine Luglio con l’on. Iori, gli Educatori Uniti contro i tagli e la Rete ReNOS hanno potuto portare i loro contributi alla legge.
“Una volta a Montecitorio sono arrivate dopo pochi minuti l’on. Milena Santerini (Per l’Italia) e l’on Vanna Iori (PD) a darci il benvenuto. Come noi invitati all’audizione c’erano Agostino Basile dell’associazione PEDIAS, Mariangela Grassi per l’ANPE,  Alessandro Prisciandaro per l’APEI e Domenico Simeoni docente di pedagogia all’Università Cattolica di Brescia” racconta Stefania Tenan (EducatoriSenza Diritti di Monza e ReNos) “Con quest’ultimo abbiamo sin da subito iniziato a parlare del mondo educativo trovandoci in sintonia su diverse questioni. Ci siamo lasciati auspicando ad un possibile convegno nell’università di Brescia “
Simeoni ha sintetizzato il suo intervento andando al cuore della difficile questione che riguarda gli educatori laureati in classe 18 ( Lauree in scienze dell’Educazione e della Formazione) e degli educatori laureati in classe 2 (Lauree nelle professioni sanitarie e della riabilitazione), chiedendo che per gli educatori laureati in classe 18 che operano nei  “servizi di integrazione socio sanitaria per i quali sono previste competenze sia riferite all’ambito sanitario sia educativo si possano aprire delle possibilità di partecipare ai concorsi(…)”.
Salvatore Della Capa (Educatori Uniti contro i talgi e ReNOS) racconta che “l’arrivo a Montecitorio è una importante tappa di un lungo percorso nato circa un anno fa a Bologna”, dove lui per primo ha voluto fortemente lavorare sul tema del riconoscimento dei titoli di studio degli educatori, ma con una sottolineatura in più:
“Vogliamo che la legge Iori non dimentichi gli educatori senza titolo” ribadisce Della Capa durante l’intervento in aula. “Quello che si vuole evitare è che in un’identità professionale in costruzione si creino già due livelli distinti, un educatore di serie A e uno di serie B. Inoltre si vuole scongiurare un problema occupazionale di enorme portata”.
Sappiamo infatti che decine di migliaia di educatori lavorano da decenni senza laurea dato che, al tempo del loro inserimento lavorativo, non era presente nessuna condizione strettamente necessaria riguardo a titoli accademici e il bisogno di operatori sul territorio era alto. Oggi questi lavoratori, che hanno dato avvio a diversi servizi sui territori, acquisendo esperienza, competenza e avendo fatto del lavoro educativo la loro fonte di reddito, si trovano a rischio di non vedere riconosciuta formalmente la loro esperienza decennale e potenzialmente di poter essere lasciati senza lavoro.
“Vorremmo che nelle mansioni dell’educatore si rinforzi una mansione che già gli educatori svolgono ovvero quella del formatore”. Incalzato dalla presidente della commissione Della Capa conclude velocemente il suo intervento su un tema importante più volte affrontato durante gli incontri nazionali degli operatori sociali. Molto spesso agli operatori più anziani viene richiesta una sorta di tutoring nei confronti degli operatori più giovani. “Nella mia carriera lavorativa” esemplifica così Stefania Tenan “ho lavorato per circa dieci anni in un servizio in cui ho visto transitare molti colleghi alle prime armi. Con passione mi sono adoperata come potevo a trasmettere loro le mie competenze non senza fatica, però anzi vivendo momenti di difficoltà perché questo compito, richiestomi dalla mia coordinatrice, doveva essere svolto durante la normale giornata lavorativa. Mi riducevo a fare slalom tra le già molte cose da fare, senza nessun mandato formale e quindi con i conseguenti nervosismi delle altre colleghe che si trovavano a dover svolgere dei ‘pezzi’ di lavoro al posto mio mentre io ‘formavo’ le nuove colleghe.Ovviamente il tutto senza nessun tipo di riconoscimento economico.”
L’intervento di Mariangela Grassi (ANPE) propone essenzialmente di istituire l’ordine dei pedagogisti e l’ordine degli educatori, ritenendo la presente proposta di legge dannosa in quanto “creerebbe, se entrasse in vigore, più confusione di quella che c’è già”. Con gli albi le due figure sarebbero secondo l’Anpe “riconosciute, disciplinate e acquisterebbero delle garanzie in ambito professionale”.
Puntuali e meticolose le osservazioni riportate da Agostino Basile (Pedias) in riferimento a norme di legge e riferimenti erroneamente riportati nella proposta. Punta il dito anche sul poco spazio dato alla figura del pedagogista sin dalla prolusione. Viene chiesta da Pedias l’abolizione degli articoli 3,4,6 e 10 inerenti alle mansioni del pedagogista e dell’educatore dato che “vanno a delimitare gli ambiti applicativi del lavoro e renderebbero difficile il futuro professionale di ciascuno(…)qualora ci fosse la possibilità di lavorare in altri ambiti non descritti dalla legge”. Ultimo ad intervenire Prisciandaro (Apei) “una proposta di legge che aspettavamo da un ventennio”.
Un’audizione che a visto voci multiple confrontarsi sul tema della regolamentazione dell’educatore e del pedagogista e proporre soluzioni, aggiunte, variazioni alla proposta di legge 2656, da cui può dipendere molto del futuro di tali figure professionali.

 

Educatori Uniti di Bologna e Rete Nazionale in Parlamento. Contributo alla legge Iori

  • October 18, 2015 13:46

“EDUCATORI SENZA TITOLO”

  • October 11, 2015 18:32

Giovedì 15 ottobre alle 13,30 gli Educatori Uniti contro i tagli e la Rete Nazionale Operatori Sociali ReNOS saranno accolti in audizione dalla Commissione Parlamentare 7 (cultura, scienza e istruzione), riguardo alle legge 2656 Iori sulla professione dell’educatore e del pedagogista. L’audizione si svolgerà nell’aula delle Commissioni, a Palazzo Montecitorio a Roma.

La nostra posizione è ormai nota: apprezziamo la proposta di legge e la volontà di regolamentazione, anche relativa al percorso universitario, ma vogliamo portare il nostro contributo affinché tale legge non dimentichi gli educatori “senza titolo”, che da anni lavorano sul territorio, con competenze riconosciute e risultati effettivamente ottenuti. Questo per evitare che in un’identità professionale in costruzione si creino già due livelli distinti, un educatore di serie A e uno di serie B, per applicare finalmente un criterio meritocratico alla costruzione di tale identità e per scongiurare un problema occupazionale che potrebbe profilarsi enorme.

Andiamo dunque, su invito della stessa On. Iori, a dire la nostra in sede istituzionale, proponendo concretamente alcuni punti da aggiungere al testo di legge.

Educatori uniti contro i tagli

RENOS (Rete Nazionale Operatori Sociali

Comunicato di sostegno alla lotta per il riconoscimento della professionalità degli educatori senza titolo.

  • May 27, 2015 10:44

Negli ultimi mesi a Bologna gli Educatori Uniti contro i Tagli hanno portato avanti una mobilitazione molto urgente e attuale rispetto al riconoscimento della professionalità degli educatori senza titolo. Tale percorso, dopo essere passato per tappe significative, darà luce martedì 26 maggio ad un momento molto importante, ovvero ad un presidio sotto il palazzo della Regione Emilia Romagna, a Bologna in via Aldo Moro 50 dalle ore 9, durante l’assemblea del Consiglio Regionale, per fare pressioni affinché a tale tema venga finalmente dato il dovuto peso e la dovuta attenzione.

La Rete Nazionale degli Operatori Sociali Re.N.O.S. vuole comunicare il suo appoggio e il suo sostegno all’iniziativa di martedì, e alla campagna in generale, portata avanti fino a questo punto e si auspica, per un sempre maggior rispetto dei diritti del lavoratore e del cittadino e per un Welfare basato sull’equità e su livelli qualitativi alti, che percorsi di tale genere possano essere attivati anche in altre regioni d’Italia, fino ad allargare la questione ad un piano nazionale.

Rete Nazionale Operatori Sociali

Re.N.O.S.

6° INCONTRO RETE NAZIONALE OPERATORI ANCONA SABATO 23 MAGGIO 2015 SOCIALI

  • May 6, 2015 22:29

SABATO 23 MAGGIO 2015
– ore 11:00 Inizio “Incontro con operatori/trici sociali del territorio”
– ore 11:00-11:20 Presentazione esperienza “Radio senza muri”
– ore 11:20-13:30 Restituzione dei questionari-inchiesta della Rete di Ancona e confronto tra operatori/trici del territorio
– ore 13:30-14:30 Pranzo autogestito
– ore 14:30 Inizio “6° Incontro Rete Nazionale Operatori Sociali”
– ore 14:30-14:50 Approvazione in assemblea plenaria dell’odg e aspetti organizzativi
– ore 14:50-16:20 Discussione punto 1 dell’odg “Quali proposte-azioni per l’attuazione della Piattaforma: a livello nazionale, riflettiamo sulla necessità o meno di portare la Piattaforma in Parlamento; a livello locale, riflettiamo sull’assunzione da parte delle varie realtà che compongono la Rete di due campagne: lavoro estivo e riconoscimento dei titoli”
– ore 16:20-17:00 Discussione punto 2 dell’odg “Proposte sul lavoro estivo”
– ore 17:00-17:40 Discussione punto 3 dell’odg “Proposte sul riconoscimento dei titoli”
– ore 17:40-18:00 Sintesi per punti delle proposte emerse in assemblea e chiusura dei lavori
– ore 18:00-20:00 Presentazione del libro “La rivolta del riso. Le frontiere del lavoro nelle imprese sociali tra pratiche di controllo e conflitti biopolitici” con Renato Curcio
– ore 20:30 Cena
DOMENICA 24 MAGGIO 2015
– ore 09:00 Inizio assemblea plenaria
– ore 09:00-09:30 Aspetti organizzativi
– ore 09:30-11:00 Discussione per tavoli di lavoro
– ore 11:00-13:00 Discussione in assemblea plenaria delle proposte-azioni emerse
– ore 13:00-13:30 Restituzione dei lavori e approvazione da parte dell’assemblea delle azioni da rendere operative nei territori
– ore 13:30 Chiusura dei lavori
N.B. per permettere uno svolgimento dell’assemblea scorrevole, ma soprattutto per arrivare ad approvare contenuti e aspetti particolarmente operativi, è auspicabile che ogni gruppo territoriale puntualizzi nel proprio intervento (che non dovrà superare i 5 minuti) proposte operative e azioni attuative inerentemente agli argomenti proposti nell’odg.
METODO DI LAVORO. Prevalentemente si effettueranno interventi in assemblea plenaria, fatta eccezione per la domenica mattina nella quale dalle ore 09:00 alle ore 11:00 si svolgerà un confronto in gruppi di lavoro, costituiti da operatori/trici dei diversi territori, che elaboreranno una sintesi delle diverse proposte-azioni emerse durante l’assemblea inerentemente all’argomento specifico del gruppo di lavoro. I gruppi potranno essere: gruppo 1, attuazione Piattaforma; gruppo 2, lavoro estivo; gruppo 3, riconoscimento dei titoli.
BUON LAVORO A TUTT* E A PRESTO.

  • November 22, 2014 00:43

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5° incontro della Rete Nazionale Operatori Sociali

  • October 17, 2014 10:15

Il Comitato Indignato.o.s.s. di Venezia il giorno 25 Ottobre 2014 organizza il 5° incontro della Rete Nazionale Operatori Sociali presso il Centro Sociale Rivolta a Marghera Venezia.

Annunciamo questo importante evento organizzato dai lavoratori in lotta di tutta Italia, per sensibilizzare il nostro territorio e il territorio nazionale dei feroci tagli avvenuti al welfare negli ultimi anni.

Per ulteriori informazioni inerenti alla partecipazione all’evento contattare via Facebook e tramite email Morena, Lidia e Lara. comitatoindignatooss@gmail.com

Auspichiamo la presenza attiva di altre realtà di lotta del sociale colpite quanto noi.

Primo Maggio nelle piazze d’Italia

  • April 30, 2014 17:22

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La Piattaforma

  • April 27, 2014 11:53

Siamo lavoratori e lavoratrici del sociale (assistenti sociali, educatori, oss, psicologi, etc.). Lavoriamo in servizi e progetti educativi, riabilitativi e di sostegno in Servizi rivolti a persone in difficoltà (anziani, disabili, minori, persone con disagi psichici, persone con problemi di dipendenze, adulti in difficoltà, etc). Svolgiamo la nostra attività nell’ambito del sistema organizzato delle risorse sociali, a favore di individui, gruppi e famiglie, per prevenire e risolvere situazioni di bisogno.

Abbiamo costituito, in moltissime città italiane, forme di auto-organizzazione dal basso: sindacati di base, coordinamenti, collettivi per difendere la dignità, la stabilità, la professionalità, i diritti e il senso del nostro lavoro contro le politiche che negli ultimi anni hanno attaccato lo Stato Sociale, creando su vasta scala e a cascata, profondo disagio.

Abbiamo deciso di costituire un Coordinamento Nazionale di gruppi, realtà collettive, singoli lavoratrici/torie delegati di base aperto, democratico e multiforme per coordinare le nostre iniziative fino ad arrivare, attraverso un percorso senza steccati, progressivo e inclusivo ad una dimensione organizzativa nazionale rispettosa delle reciproche differenze, capace di integrare tra loro le esperienze locali, che ci permetta di contestare efficacemente queste politiche.

Affermiamo il bisogno di un’azione che vada oltre la classica vertenza sindacale rispettando chi si impegna in un’azione sindacale autentica, solidale, forte e combattiva che oggi quasi ovunque manca, una azione sindacale capace di far rispettare i diritti che ormai sembrano una cosa del passato, calpestata da tutti.

Affermiamo il bisogno di una azione sindacale autentica, solidale, forte e combattiva che oggi quasi ovunque manca, una azione sindacale capace di far rispettare i diritti che ormai sembrano una cosa del passato, calpestata da tutti.

• Tra il 2008 e il 2013 i  fondi nazionali per le politiche sociali (328/06; 285/97; etc. etc.) hanno subito un taglio netto dell’95% (nel 2008 erano oltre i 2,5 miliardi, nell’anno 2013 sono stati di poche decine di milioni di euro).

• I sempre maggiori ritardi nei pagamenti da parte delle Regioni, delle Province e dei Comuni a cooperative e associazioni costringono queste ultime all’indebitamento per poter pagare gli stipendi, oppure i lavoratori e le lavoratrici a lavorare per mesi senza percepire stipendio.

Tutto ciò si traduce in riduzioni e chiusure di servizi, diritti negati ai cittadini, rischio di disoccupazione per molti lavoratori/trici e peggioramento delle condizioni di vita di tante persone svantaggiate, oltre a problemi che tornano a scaricarsi per intero sulle famiglie.

• Chiediamo il ripristino immediato dei fondi nazionali per la sanità e l’assistenza

A fronte della diminuzione dei fondi statali, molti comuni hanno aumentato l’esternalizzazione dei servizi, ridotto o eliminato i contributi erogati alle famiglie e al terzo settore, hanno aumentato la compartecipazione ai costi dei servizi da parte degli utenti; molte ASL hanno stretto i cordoni della borsa chiudendo addirittura ospedali interi, peggiorando i servizi, il rapporto tra numero di personale e numero di utenti… Ovviamente tutto questo avviene senza che si vadano a toccare altre voci assai meno utili e nobili: le spese militari, le grandi opere come il TAV o l’Expo, la corruzione, gli stipendi favolosi dei grandi dirigenti pubblici, dai ministeri alle ASL agli Enti Locali. Non si toccano i favolosi interessi finanziari delle banche, in settembre il governo ha fatto uno sconto fiscale di 2 miliardi (!!) alle società di gestione di bingo e slot machine, per non parlare dei mille privilegi, evasioni ecc.

La sanità, l’assistenza, i diritti dei cittadini sembrano dunque semplicemente non essere una priorità.

La generazione precedente alla nostra ha avuto la fortuna di una vita abbastanza stabile, data da posti di lavoro abbastanza sicuri e da un welfare che aiutava le persone nei momenti di difficoltà. Questo fu il frutto della sconfitta del fascismo e poi il frutto di continue lotte, anche quando sembravano più difficili come negli anni 50-60. La solidarietà tra lavoratori/trici, studenti, casalinghe ecc. è stata, negli anni ’70-80, così forte da ottenere cose come il Servizio Sanitario Nazionale (che prima non c’era), la chiusura dei manicomi, la scuola per tutti, i contratti di lavoro nazionali (prima c’erano le “gabbie salariali”)…

Invece noi, lavoratori del sociale (e non solo) che oggi abbiamo tra i 25 e i 50 anni, siamo incastrati in un meccanismo infernale che ci condanna sempre più alla povertà e alla precarietà, anche se il nostro lavoro è difficile, faticoso e a volte pericoloso.

Siamo iperqualificati, facciamo continuamente formazioni e aggiornamenti ma se guardiamo ai nostri salarisiamo poco sopra la soglia di povertà (600 euro per l’Istat). Veniamo continuamente lodati per l’importanza del nostro lavoro, ma non godiamo di nessuna considerazione sociale. Senza di noi il Paese non potrebbe funzionare, ma i nostri contratti sono sempre più precari. Svolgiamo una funzione obiettivamente “pubblica”, ma veniamo privatizzati, sfruttati, messi in concorrenza tra noi …e restiamo senza stipendi per mesi e anche anni perché gli Enti non pagano!

Come abbiamo fatto finora ad accettare tutto questo? Fino a quando accetteremo ?

Ci hanno insegnato per anni la che la nostra funzione fosse mediare tra le istituzioni e chi vive il disagio. Ma le istituzioni non danno più risposte né agli operatori né agli utenti, per cui mediare non ha senso: è ora di riaprire un ciclo di conflitti che recuperi la parte migliore di quello vissuto dai nostri padri e madri, fratelli e sorelle maggiori negli anni ‘70.

A partire da questi dati in questi mesi, in tutta Italia, i lavoratori e le lavoratrici del sociale si sono messi in movimento perché c’è urgentemente bisogno di una nuova stagione della solidarietà. È ora di riaprire un ciclo di cambiamenti che sappia riproporre la centralità dei diritti delle persone rispetto ai profitti delle banche.

Il senso del nostro lavoro

Noi crediamo che il nostro lavoro abbia un valore estremamente importante. In questo lavoro, in cui si costruiscono inclusione, relazione e cura, ben-essere, partecipazione, reti sociali, protagonismo dal basso, empowerment diffuso delle persone e dei gruppi sociali, è contenuto il nucleo ideale di un’altra società.

Un’idea essenziale di comunità inclusiva, autogestita ed educante, di una società in cui le persone sono più

importanti della logica del mercato, anzi: in cui lo scopo della vita e dell’economia sia la felicità degli individui, nel rispetto della loro autonomia e della loro libertà.

Un tempo ci occupavamo di sostegno alla crescita e progettualità della persona. Poi ci siamo ritrovati, a causa di sempre minori risorse, ad occuparci semplicemente del mantenimento dello status quo. Attualmente ci troviamo costretti a ridurre il nostro intervento alle emergenze senza poter più dare spazio ad alcun tipo di progettualità.

No alla privatizzazione

Noi lavoratori del sociale, siamo rimasti incastrati in un meccanismo infernale che ci condanna sempre più alla povertà e alla precarietà. Dare i servizi in appalto alle cooperative, in nome di una presunta sussidiarietà, è diventato un sistema per meglio sfruttare le lavoratrici e i lavoratori. I sistematici ritardi nei pagamenti, oltre a definire quale è il rispetto che gli Enti hanno verso il nostro lavoro, arricchiscono solo le banche, che si fanno pagare interessi sempre più alti sui prestiti alle cooperative. Noi lavoratori/trici del sociale ci opponiamo con forza alla privatizzazione delle nostre attività, perché vogliamo continuare a far sì che le nostre siano professioni di aiuto, non strumenti del profitto; perché vogliamo che le prestazioni erogate ai nostri utenti continuino ad essere diritti, non carità graziosamente elargita da una Fondazione bancaria, da un privato o da un Ente religioso.

Siamo lavoratori non missionari

Ci viene richiesta una formazione continua: siamo riqualificati, laureati e specializzati, ma spesso siamo

sottoinquadrati e guadagniamo, a parità di funzione, dal 20% al 35% in meno di un dipendente pubblico. Quasi mai vengono rispettate tutte le norme, regole, diritti, tutele (come nel caso di: notti passive, straordinari non riconosciuti, riposi non rispettati, etc.). Affermiamo con forza di essere pienamente e completamente delle lavoratrici e dei lavoratori del sociale, non dei missionari.

Basta sfruttamento e ricattabilità “per il bene dell’utenza”

Il nostro impegno non dovrà mai più essere usato come un’arma contro di noi. Per troppi anni ci hanno ricattati facendo leva sulla retorica del sacrificio per il bene degli utenti.

In questo modo hanno potuto approfittarsi dei nostri sforzi, scaricando sulle nostre spalle tutte le responsabilità di gestione e di copertura dei servizi.

Questo sistema, con la complicità di alcuni politici, sindacalisti, centrali e cooperative, ha prodotto un fittizio risparmio per lo Stato e gli Enti Locali utilizzato per interessi di lobby particolari e, a volte, personali.

I tagli e i conseguenti risparmi ottenuti dalle politiche di austerity sono stati spesso impiegati in opere e in settori non essenziali rispetto ai bisogni essenziali garantiti dalla Costituzione.

Rifiuto della concorrenza

Noi riteniamo di essere lavoratori del Bene Comune, senza distinzioni. Rifiutiamo la logica della concorrenza, della gerarchia e della competizione, che suddivide i lavoratori del welfare tra dipendenti pubblici e privati, li spezzetta in mille cooperative, associazioni e fondazioni, mettendoli in concorrenza secondo la logica di mercato, a discapito della qualità dei servizi, della dignità del lavoro, dei diritti di lavoratrici e lavoratori e della loro fatica. Bisogna invece fare fronte comune: invece di farsi concorrenza tra di loro le organizzazioni sociali devono unirsi per non accettare più passivamente i tagli che i committenti fanno alla qualità dei servizi e alle condizioni di lavoro. Bisogna cercare alleanze importanti con le associazioni di utenti e le famiglie, raccontando loro tutta la verità, invece di cercare stupidamente di “tenerle buone” facendo solo un favore a chi fa i tagli ai servizi.

Rifiuto dell’autoritarismo

Nel nostro lavoro di tutti i giorni abbiamo imparato che l’unica maniera corretta di lavorare è quella basata su rapporti paritari e negoziali, in cui le persone e i gruppi costruiscono insieme identità e progetto. Per questo rifiutiamo l’autoritarismo in tutti i campi: nei rapporti tra Enti pubblici e soggetti del no-profit, e all’interno del no-profit stesso. Rifiutiamo i trasferimenti punitivi a chi osa sollevare obiezioni, i ricatti continui per costringere le persone ad accettare tagli di salari e orari o condizioni peggiori di lavoro. Tutte queste sono modalità di funzionamento che non sono più partecipative, ma burocratiche e amministrative.

Rifiuto del verticismo

Le cooperative e gli Enti no-profit sono stati gestiti per un trentennio quasi sempre dagli stessi gruppi dirigenti, che con il tempo hanno scelto di stare dalla parte dei committenti, delle istituzioni, delle logiche aziendaliste e privatiste e non dalla parte dei propri soci, delle lavoratrici e dei lavoratori. Ormai questa casta verticista che si è impadronita delle organizzazioni sociali non tutela più né gli utenti né chi lavora, ma difende solo le sue poltrone e le sue amicizie. Rifiutiamo questi metodi e chiediamo una democrazia che non sia solo l’elezione del CdiA ogni tre anni, ma prassi quotidiana, con l’elezione dei referenti/coordinatori da parte delle équipe di lavoro, la discussione nelle équipe dei progetti, degli appalti, dei budget economici, la partecipazione ai “tavoli” con le committenze ecc.

Non accettare più il ritardo dei pagamenti, diritto al pagamento regolare delle retribuzioni di chi lavora

Ormai ci sono numerose leggi e sentenze che stabiliscono che gli Enti pubblici devono pagare i loro debiti entro 60-90 giorni, eppure non succede niente. il ritardo dei pagamenti da parte degli enti pubblici costringe le cooperative ad indebitarsi (rischiando a volte il fallimento) per cercare di far fronte alle spese e al pagamento dello stipendio dei lavoratori.Chi lavora percepisce solo parte della retribuzione spettantegli e con notevole ritardo, non compensato da alcuna maggiorazione e stenta a sopravvivere, a pagare bollette, affitti, mutui, asilo dei figli… Tale indebitamento, sia delle cooperative che dei singoli lavoratori, genera interessi passivi che li impoveriscono e arricchiscono solo le banche, con i nostri soldi!

Per la tutela dei posti di lavoro.

Non è accettabile che vengano prodotti nuovi bandi di appalto che riducano i servizi alla cittadinanza o addirittura prestino i medesimi servizi… ma con meno personale o con inquadramenti e salari più bassi! Questi appalti vanno boicottati in tutti i modi, contestando i politici e i funzionari che li promuovono e le organizzazioni sociali e sindacali che li accettano.

In casi estremi, eventuali perdite di posti di lavoro devono essere ammortizzate utilizzando la cassa integrazione in deroga e i contratti di solidarietà. Ogni posto di lavoro dev’essere difeso!

Per la parità contrattuale e salariale e il rifiuto delle esternalizzazioni

Non è accettabile che lavoratrici e lavoratori del privato sociale vengano retribuiti anche 3-400 euro in meno dei dipendenti pubblici ed abbiano norme contattuali molto peggiori. Non è accettabile che interi servizi o settori gestiti dagli enti Pubblici vengano dati da gestire ai privati mediante appalti, accreditamenti, concessioni o altre forme di esternalizzazione. Questo, lo sappiamo, è solo un modo per peggiorare le condizioni del servizio e di chi lavora, togliendo soldi e tutele. Chiediamo invece regole certe e l’unificazione dei 17 contratti diversi che si applicano nel privato sociale. Tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore devono avere un solo CCNL: il contratto del pubblico impiego nelle sue articolazioni della Sanità e degli Enti Locali, perché la nostra è una funzione di pubblica utilità e di pubblico servizio, in cui svolgiamo lo stesso lavoro di un collega pubblico dipendente, anzi : spesso di più!

Come prima misura chiediamo aumenti salariali tali da parificare i contratti del privato sociale a quelli pubblici di pari livello.

Per l’applicazione delle leggi sul lavoro, sempre.

Ultimamente, con una interpretazione truffaldina e autoritaria delle leggi, molti tribunali stanno trasferendo la competenza sulle vertenze di lavoro all’interno delle cooperative dalla sezione “cause di lavoro” a quella “cause societarie”, con la scusa che si tratterebbe di litigi tra soci. Peccato che le cause societarie abbiano un costo altissimo e durino anni. In questo modo si toglie di fatto a chi lavora nelle cooperative il diritto alla tutela legale. Questa prassi deve cessare immediatamente, insieme a quella di usare l’esclusione come forma “astuta” di licenziamento, come stanno facendo alcune cooperative.

Contro la precarietà

Essendosi ormai per lo più trasformate in “aziende come tutte le altre”, grazie al ruolo pessimo dei loro attuali dirigenti, le organizzazioni sociali, purtroppo, non si distinguono per coerenza nemmeno nella lotta contro la precarietà. La forma normale del contratto di lavoro nelle organizzazioni sociali dovrebbe essere quella del tempo indeterminato che – eventualmente – cesserà nel caso cessi il servizio in cui si opera. Per questo chiediamo:

  • che non si usino i Contratti a progetto. Se proprio necessario, l’attuale legislazione prevede forme contrattuali di lavoro subordinato atipiche come i contratti a tempo determinato nel caso in cui vi siano le causali previste dalla legge: picco produttivo, esigenze tecniche, sostituzione di lavoratori come ad es. maternità). Tali contratti permettono a differenza dei contratti a progetto di godere della disoccupazione oltre a garantire una retribuzione pari ai lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
  • Che non ci sia nessun tipo di assunzione a termine, a progetto, voucher o altro mentre ci sono lavoratrici o lavoratori in attesa di ricollocazione, in cassa integrazione o altro (come peraltro prescrive la legge).

Contro la giungla dei titoli di studio

Nell’arco di un ventennio la definizione dei percorsi formativi necessari a svolgere il nostro lavoro ha subito tali e tante modifiche da diventare una giungla, soltanto a vantaggio delle baronie universitarie tra le quali, ovviamente, ha fatto la parte del leone il potere medico. D’altronde questo accompagna sia i tentativi di controriforma della psichiatria, la deriva medicalizzante del lavoro sociale, la privatizzazione dei servizi di cura che molto spesso hanno come protagonisti e comprimari interessi privati in ambito sanitario. Noi chiediamo:

  • Una semplificazione dei titoli di studio e l’eliminazione dei doppioni (come le molteplici lauree e titoli da educatore ecc.)
  • Una forte valorizzazione dell’ esperienza maturata nei ruoli e nei servizi
  • La possibilità di fruire di periodi retribuiti per acquisire nuove competenze, specializzazioni ecc.
  • La valorizzazione della dimensione relazionale in ogni ambito dei lavori di cura, a cominciare dagli iter e skill formativi.

Dobbiamo ritrovare la solidarietà tra noi, che è la base del cooperativismo e del lavoro sociale.

Gli operatori sociali rivolgono prevalentemente la propria solidarietà ai soli utenti e poco verso i colleghi e la propria categoria.

Chi lavora nei servizi deve imparare a non sentirsi solo, In tutte le occasioni in cui una équipe o un collega si trova in una situazione problematica, quando le èquipe di lavoro sono investite da perdite o riduzioni di lavoro, quando un/a collega viene preso di mira e/o mobbizzato, quando ci sono litigi nelle équipe… Dovremmo re-imparare a solidarizzare nei servizi, ricordandoci che cooperazione vuol dire solidarietà concreta e fare insieme!

Quando il committente ci sta mettendo sotto pressione, quando istituzioni e sistema delle cooperative sembrano blindati nel negarci salario e dignità… dovremmo re-imparare a solidarizzare tra operatori e operatrici, ricordando che il sociale è di tutti, anzi, che il sociale siamo noi, e che loro possono tenerci sotto soltanto facendosi forti della nostra divisione, passività, paura e della nostra mancanza di solidarietà.

Per la piena applicazione delle regole legali e contrattuali

Troppo spesso le organizzazioni del privato sociale, sia non-profit che profit, invece di rispettare leggi e contratti, si rifanno le regole a loro vantaggio. Secondo la legge 142, i regolamenti interni delle cooperative, le procedure, le direttive non possono andare né contro le leggi, né contro il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Invece troppo spesso qesto accade. E’ perciò necessaria una vertenzialità aziendale costante per ottenere almeno il rispetto delle leggi e dei contratti esistenti. Possiamo qui fare solo qualche esempio, perché la casistica è sterminata:

  • Lavoro notturno: l’operatore che svolge la propria attività lavorativa nella fascia oraria compresa tra le 22:00 e le 06:00 dovrà percepire le maggiorazioni corrispondenti e comunque proporzionate alle responsabilità dello stesso. L’applicazine delle cosiddette “notti passive” è illegale.
  • Reperibilità: come in qualsiasi posto di lavoro normale, è previsto dal CCNL che dove ci sia bisogno di reperibilità (es. sostituzioni nei servizi residenziali o semiresidenziali) questa debba essere retribuita 1,55 all’ora per un minimo di 4 ore. La reperibilità non può essere gratuita.

– Cambi di gestione:

  • nelle gare d’appalto deve essere sempre prevista una clausola di salvaguardia corrispondente all’articolo 37 CCNL Coop.Sociali che prevede l’obbligo, per l’ente subentrante, di integrare il personale già operante nel servizio, affinchè tale obbligo sia esteso a qualsiasi tipologia di società vinca la gara.
  • fermo restando l’obbligo di assunzione da parte del subentrante, in caso di modifica e riduzione del capitolato d’appalto, gli operatori in esubero, individuati secondo i criteri di cui alla L. 223/91, dovranno rimanere in carico alla cooperativa uscente, con il mantenimento della retribuzione e di tutti i diritti acquisiti;

Orario, straordinari, banca ore.

  • La cosiddetta “banca ore” è stata prevalentemente utilizzata come strumento per non retribuire integralmente il lavoro delle persone. Pur riconoscendo che spetta ai/alle colleghi/e di ciascuna azienda la decisione sul mantenimento o meno di questa forma, ci sono dei principi inderogabili:
  • Ciascuno/a dovrà essere retribuito per l’orario indicato dalla lettera di assunzione, fermo restando il pagamento del lavoro supplementare e straordinario, anche nelle ipotesi in cui, per carenze organizzative del servizio, presti la propria attività per un monte ore inferiore.
  • Le ore eccedenti il suo orario svolte da un part-time dovranno essere retribuite con la maggiorazione prevista per il “lavoro supplementare”.
  • Eventuali “recuperi ore” sono da effettuarsi su richiesta del lavoratore/lavoratrice in modo concordato e non per scelta unilaterale dell’azienda.

Contratti part-time:

  • nei contratti part-time devono sempre essere specificate in maniera puntuale la collocazione oraria, giornaliera, mensile, annuale della prestazione lavorativa. Tale specificazione permette al lavoratore di organizzarsi e, quindi, di poter svolgere in regime di part-time un’altra attività.La variazione del monte ore del part-time non può avvenire per decisione unilaterale della cooperativa. Un part-time, come da CCNL, deve essere minimo di 12 ore settimanali e 52 mensili;

Sicurezza:

  • deve essere sempre garantita la integrità psico-fisica del lavoratore/trice, sia attraverso misure – obbligatorie per legge – di tutela della salute fisica (ausili, sollevatori ecc.), sia misure di tutela dallo stress-lavoro correlato (monitoraggi, supervisioni ecc.)

Qualità di socio

  • La lavoratrice e il lavoratore devono essere liberi di scegliere se aderire alla richiesta di diventare socio oppure no, senza che questo comporti ricatti o minacce riguardo al posto di lavoro o altro. A questo proposito devono ricevere adeguata informazione.

Riconoscimento come lavoro usurante

il lavoro di relazione con persone sofferenti, svolto spesso in servizi residenziali o semiresidenziali con turni sulle 24 ore è estremamente faticoso e usurante, al punto che in altri paesi europei gli/le operatori/trici possono spesso usufruire di periodi sabbatici e/o di studio e riqualificazione. Chiediamo:

  • Organici adeguati per i servizi;
  • Un rigoroso rispetto delle regole sulla turnazione, gli orari di lavoro, i riposi ecc.;
  • Che si avvi un percorso per il riconoscimento delle caratteristiche usuranti del nostro lavoro con le relative conseguenze.

NOTE DEL COLLETTIVO OPERATORI SOCIALI DI NAPOLI PER LA COSTRUZIONE DI UN COORDINAMENTO NAZIONALE

  • March 9, 2014 08:00

La scelta di affrontare, come Collettivo operatori sociali di Napoli, le Politiche sociali prima di tutto in chiave politica è stata dettata dalla lettura dei cambiamenti che il mercato del lavoro ha subito negli anni tra il “Pacchetto Treu” e la legge 30. Fin dal principio è sembrato chiaro che le Politiche sociali fossero il luogo deputato ad una sperimentazione massiva e spregiudicata della cosiddetta contrattazione atipica.

Era evidente la convergenza tra gli interessi del pubblico e del privato sociale nel creare un sistema di servizi che producesse occupazione precaria e a basso reddito di lavoratori assai motivati, in grado di garantire servizi di qualità, ma tali da costituire un humus clientelare per maggioranze al governo e opposizioni.

In questo quadro si collocava l’assoluta assenza del sindacalismo di base ed un coinvolgimento marginale dei confederati, in particolare CGIL e UIL, interessati a settori come l’assistenza domiciliare e il socio sanitario, ma di fatto assenti sul versante precarietà. È dovuto trascorrere del tempo infatti prima che la CGIL facesse propria la categoria “lavoro precario” e non camuffasse la “precarietà” con la “flessibilità” tanto cara ad ex DS e a democristiani “progressisti”.

Secondo noi, la questione del rapporto tra committenza pubblica e privato sociale e, più in generale, del modello economico, di cui quello di welfare è figlio, va affrontato ponendo l’accento sulla precarizzazione del lavoro, perché ad accomunare situazioni assai diverse, dal punto di vista lavorativo e delle garanzie contrattuali, è un progetto, quello di creare intere generazioni precarie dal punto di vista lavorativo ed esistenziale. Il contrasto alla precarietà quindi non può esaurirsi nell’estensione all’intero comparto del CCNL.

Riteniamo infatti che, in un contesto assai eterogeneo, ridurre la piattaforma a questioni che attengono al Contratto contenga un rischio, quello di non includere un pezzo significativo dell’Universo degli operatori, forse quello più significativo della prospettiva politica che ci siamo dati.

A questo punto, però, riteniamo doverosa una precisazione. Il Collettivo non ha nessuna pregiudiziale nei confronti dell’azione sindacale, ma la considera un accessorio o una conseguenza di una visione politica.

Infine, può essere utile chiarire il nostro pensiero relativamente alla natura pubblica delle Politiche sociali.

Abbiamo constatato in questi anni che agitare la bandiera del pubblico o proclamare “bene comune” tutto ciò che ci interessi è cosa facile, quasi sempre condivisibile e altresì utile a guadagnare consensi, ma di per sé può non significare niente o a ben vedere, in alcuni casi, essere addirittura inaccettabile e in odor di reazionario.

C’è chi ritiene che condurre una battaglia (a voler utilizzare un termine nobilitante) sotto l’effige della FP CGIL sia un mezzo per avvicinare gli operatori sociali allo status di “dipendente pubblico” e per abbattere l’odiato privato sociale restituendo per magia alle Politiche sociali la loro natura esclusivamente pubblica. Se così fosse, non ci sarebbe bisogno di un coordinamento nazionale, cosa di cui invece avvertiamo la necessità. La FP CGIL è un sindacato di categoria, una struttura verticale di carattere nazionale; se si fosse posta come obiettivo l’assunzione nel pubblico impiego degli operatori sociali sarebbe sufficiente entrarvi e fare della sua battaglia la nostra battaglia…e viceversa. Purtroppo, al netto di farneticazioni narcisistiche, questa cosa non esiste, perché se esistesse la FP CGIL dovrebbe essere il sindacato più avanzato dal punto di vista della lotta di classe e dell’organizzazione del conflitto di tutta la Confederazione Generale.

Ma questo non è un problema che riguarda solo la CGIL: anche il sindacalismo di base, pur maggiormente sensibile alle tematiche della precarietà, propone azioni e iniziative troppo spesso appiattite sulle questioni contrattuali, dimenticando che quando i diversi fondi nazionali e regionali saranno completamente tagliati e le Politiche sociali torneranno ad essere declinazione dell’evergetismo, nei CCNL ci si potrà scrivere quel che si vuole tanto saranno carta straccia.

Appare un po’ fallace l’assioma che identifica la natura pubblica delle politiche sociali con il CCNL del pubblico impiego. Siamo sicuri che, mentre la società occidentale si riorganizza per fare a meno del welfare state, nostro obiettivo sia eliminare le 17 tipologie di contratto collettivo degli operatori sociali per essere assimilati al pubblico impiego?

Vogliamo e dobbiamo fare una battaglia perché le Politiche sociali restino un bene pubblico, e questo è sicuramente il nostro punto di partenza comune, ma che vuol dire “pubblico”?

Non è la natura giuridica dell’erogatore dei servizi a rendere o meno pubblici i servizi, ma la loro funzione sociale.

Se l’idea di cambiamento radicale è un’azienda pubblica di servizi alla persona, con un consiglio di amministrazione nominato da lavoratori e utenti, si corre il rischio di appiattire la lotta degli operatori sociali su una lotta per il “posto” pubblico.

Il problema non è tanto quello di scegliere tout-court un modello piuttosto che un altro, ma quello di impegnarsi in una lotta per qualcosa di radicalmente e realmente diverso, dato che quello che esiste evidentemente non va bene.

Siamo già molto in ritardo per contrastare l’evaporazione e il quasi azzeramento del finanziamento complessivo della spesa sociale a livello nazionale e locale; non siamo, come segmento di classe, riusciti a esprimere un discorso identitario che non sia l’immagine, ipocrita e cattolica, dell’operatore pietoso che si occupa di casi pietosi; non siamo ancora in grado di definire, dal punto di vista degli operatori sociali, quali sono i livelli essenziali che un contesto sociale deve esprimere per poter assicurare alle persone una vita dignitosa.

Per potersi dare una prospettiva che sia radicalmente altra, forse si dovrebbe partire dall’immaginare quale sia la funzione di fondo delle Politiche sociali, perché se la natura pubblica dei servizi non è una semplice questione di ordinamento giuridico, allora dobbiamo porci il problema di quale sia lo scopo di fondo che un operatore dovrebbe porsi quando si immerge nel cuore caldo delle contraddizioni che il Capitale apre all’interno del tessuto sociale: dovremmo chiederci se la sua mission sia il contenimento o piuttosto la maieutica; se debba ammortizzarli i conflitti o farsi attivatore di coscienze, portatore di consapevolezza presso i suoi utenti; se debba consolarli o svegliarli…ma per poter svegliare i suoi utenti, per poter agire da attivatore di coscienze, l’operatore sociale deve prima risvegliare la propria consapevolezza per individuare la propria coscienza di classe.

Questo ci piacerebbe che fosse il coordinamento nazionale, un soggetto politico che ponga immediatamente la questione del rifinanziamento della spesa sociale, che esiga l’apertura immediata della discussione sui livelli minimi di assistenza e che nel contempo lavori al suo interno per sviluppare un’identità che tenga insieme le differenti realtà delle Politiche sociali ricomponendo quella frammentazione che ancora oggi è la causa della nostra estrema debolezza.

Ci vediamo a Napoli, per affrontare la discussione e continuare la nostra lotta, il 15 marzo 2014 alle ore 15.00 c/o il Laboratorio Okkupato Ska in Calata Trinità Maggiore – nei pressi di piazza del Gesù.

Collettivo Operatori Sociali Napoli

La piattaforma (8)…infine ma non solo

  • March 9, 2014 07:01

Contro la precarietà

Essendosi ormai per lo più trasformate in “aziende come tutte le altre”, grazie al ruolo pessimo dei loro attuali dirigenti, le organizzazioni sociali, purtroppo, non si distinguono per coerenza nemmeno nella lotta contro la precarietà. La forma normale del contratto di lavoro nelle organizzazioni sociali dovrebbe essere quella del tempo indeterminato che – eventualmente – cesserà nel caso cessi il servizio in cui si opera. Per questo chiediamo:

  1. che non si usino i Contratti a progetto. Se proprio necessario, l’attuale legislazione prevede forme contrattuali di lavoro subordinato atipiche come i contratti a tempo determinato nel caso in cui vi siano le causali previste dalla legge: picco produttivo, esigenze tecniche, sostituzione di lavoratori come ad es. maternità). Tali contratti permettono a differenza dei contratti a progetto di godere della disoccupazione oltre a garantire una retribuzione pari ai lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
  2. Che non ci sia nessun tipo di assunzione a termine, a progetto, voucher o altro mentre ci sono lavoratrici o lavoratori in attesa di ricollocazione, in cassa integrazione o altro (come peraltro prescrive la legge).

Contro la giungla dei titoli di studio

Nell’arco di un ventennio la definizione dei percorsi formativi necessari a svolgere il nostro lavoro ha subito tali e tante modifiche da diventare una giungla, soltanto a vantaggio delle baronie universitarie tra le quali, ovviamente, ha fatto la parte del leone il potere medico. D’altronde questo accompagna sia i tentativi di controriforma della psichiatria, la deriva medicalizzante del lavoro sociale, la privatizzazione dei servizi di cura che molto spesso hanno come protagonisti e comprimari interessi privati in ambito sanitario. Noi chiediamo:

  1. Una semplificazione dei titoli di studio e l’eliminazione dei doppioni (come le molteplici lauree e titoli da educatore ecc.)
  2. Una forte valorizzazione dell’ esperienza maturata nei ruoli e nei servizi
  3. La possibilità di fruire di periodi retribuiti per acquisire nuove competenze, specializzazioni ecc.
  4. La valorizzazione della dimensione relazionale in ogni ambito dei lavori di cura, a cominciare dagli iter e skill formativi.

Dobbiamo ritrovare la solidarietà tra noi, che è la base del cooperativismo e del lavoro sociale.

Gli operatori sociali rivolgono prevalentemente la propria solidarietà ai soli utenti e poco verso i colleghi e la propria categoria.

Chi lavora nei servizi deve imparare a non sentirsi solo, In tutte le occasioni in cui una équipe o un collega si trova in una situazione problematica, quando le èquipe di lavoro sono investite da perdite o riduzioni di lavoro, quando un/a collega viene preso di mira e/o mobbizzato, quando ci sono litigi nelle équipe… Dovremmo re-imparare a solidarizzare nei servizi, ricordandoci che cooperazione vuol dire solidarietà concreta e fare insieme!

Quando il committente ci sta mettendo sotto pressione, quando istituzioni e sistema delle cooperative sembrano blindati nel negarci salario e dignità… dovremmo re-imparare a solidarizzare tra operatori e operatrici, ricordando che il sociale è di tutti, anzi, che il sociale siamo noi, e che loro possono tenerci sotto soltanto facendosi forti della nostra divisione, passività, paura e della nostra mancanza di solidarietà.

Per la piena applicazione delle regole legali e contrattuali

Troppo spesso le organizzazioni del privato sociale, sia non-profit che profit, invece di rispettare leggi e contratti, si rifanno le regole a loro vantaggio. Secondo la legge 142, i regolamenti interni delle cooperative, le procedure, le direttive non possono andare né contro le leggi, né contro il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Invece troppo spesso qesto accade. E’ perciò necessaria una vertenzialità aziendale costante per ottenere almeno il rispetto delle leggi e dei contratti esistenti. Possiamo qui fare solo qualche esempio, perché la casistica è sterminata:

  1. Lavoro notturno: l’operatore che svolge la propria attività lavorativa nella fascia oraria compresa tra le 22:00 e le 06:00 dovrà percepire le maggiorazioni corrispondenti e comunque proporzionate alle responsabilità dello stesso. L’applicazine delle cosiddette “notti passive” è illegale.
  2. Reperibilità:

come in qualsiasi posto di lavoro normale, è previsto dal CCNL che dove ci sia bisogno di reperibilità (es. sostituzioni nei servizi residenziali o semiresidenziali) questa debba essere retribuita 1,55 all’ora per un minimo di 4 ore. La reperibilità non può essere gratuita.

Cambi di gestione:

  1. nelle gare d’appalto deve essere sempre prevista una clausola di salvaguardia corrispondente all’articolo 37 CCNL Coop.Sociali che prevede l’obbligo, per l’ente subentrante, di integrare il personale già operante nel servizio, affinchè tale obbligo sia esteso a qualsiasi tipologia di società vinca la gara.
  2. fermo restando l’obbligo di assunzione da parte del subentrante, in caso di modifica e riduzione del capitolato d’appalto, gli operatori in esubero, individuati secondo i criteri di cui alla L. 223/91, dovranno rimanere in carico alla cooperativa uscente, con il mantenimento della retribuzione e di tutti i diritti acquisiti;
  3. Orario, straordinari, banca ore.

La cosiddetta “banca ore” è stata prevalentemente utilizzata come strumento per non retribuire integralmente il lavoro delle persone. Pur riconoscendo che spetta ai/alle colleghi/e di ciascuna azienda la decisione sul mantenimento o meno di questa forma, ci sono dei principi inderogabili:

  1. Ciascuno/a dovrà essere retribuito per l’orario indicato dalla lettera di assunzione, fermo restando il pagamento del lavoro supplementare e straordinario, anche nelle ipotesi in cui, per carenze organizzative del servizio, presti la propria attività per un monte ore inferiore.
  2. Le ore eccedenti il suo orario svolte da un part-time dovranno essere retribuite con la maggiorazione prevista per il “lavoro supplementare”.
  3. Eventuali “recuperi ore” sono da effettuarsi su richiesta del lavoratore/lavoratrice in modo concordato e non per scelta unilaterale dell’azienda.

Contratti part-time:

nei contratti part-time devono sempre essere specificate in maniera puntuale la collocazione oraria, giornaliera, mensile, annuale della prestazione lavorativa. Tale specificazione permette al lavoratore di organizzarsi e, quindi, di poter svolgere in regime di part-time un’altra attività.La variazione del monte ore del part-time non può avvenire per decisione unilaterale della cooperativa. Un part-time, come da CCNL, deve essere minimo di 12 ore settimanali e 52 mensili;

Sicurezza:

deve essere sempre garantita la integrità psico-fisica del lavoratore/trice, sia attraverso misure – obbligatorie per legge – di tutela della salute fisica (ausili, sollevatori ecc.), sia misure di tutela dallo stress-lavoro correlato (monitoraggi, supervisioni ecc.)

Qualità di socio

La lavoratrice e il lavoratore devono essere liberi di scegliere se aderire alla richiesta di diventare socio oppure no, senza che questo comporti ricatti o minacce riguardo al posto di lavoro o altro. A questo proposito devono ricevere adeguata informazione.

Riconoscimento come lavoro usurante

il lavoro di relazione con persone sofferenti, svolto spesso in servizi residenziali o semiresidenziali con turni sulle 24 ore è estremamente faticoso e usurante, al punto che in altri paesi europei gli/le operatori/trici possono spesso usufruire di periodi sabbatici e/o di studio e riqualificazione. Chiediamo:

  1. Organici adeguati per i servizi;
  2. Un rigoroso rispetto delle regole sulla turnazione, gli orari di lavoro, i riposi ecc.;
  3. Che si avvi un percorso per il riconoscimento delle caratteristiche usuranti del nostro lavoro con le relative conseguenze.