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Proposta documento per le linee guida socio-educativi
La Rete Educatrici ed Educatori di Bologna e gli Educatori contro i Tagli presentano:
“Documento con proposte di linee guida per i bandi dei gruppi socio-educativi”
Dopo il disastroso bando dello scorso anno per i servizi socio-educativi del Comune di Bologna abbiamo deciso di informarci, studiare e lavorare a questo documento in cui presentiamo il punto di vista degli educatori che lavorano direttamente in tali servizi.
Siamo partiti da alcune semplici domande: Come vorremmo che fossero questi servizi? Cosa serve perché siano dei servizi efficienti? Come dovrebbe contenere un bando?
Per rispondere a queste domande abbiamo cercato di comprendere il funzionamento, anche dal punto di vista economico, di un bando di gara.
Il documento è stato pensato nello specifico per i socio-educativi di Bologna ma può servire da spunto per i bandi di molti servizi educativi anche in altre città.
Qua sotto potete aprire e scaricare il documento in Pdf.
EDUCATORI: STOP ALLA GIUNGLA DEI TITOLI DI STUDIO Salvaguardando chi lavora senza titolo. Audizione in Parlamento sulla legge Iori per la rete ReNOS e Educatori Uniti.
“EDUCATORI SENZA TITOLO”
Giovedì 15 ottobre alle 13,30 gli Educatori Uniti contro i tagli e la Rete Nazionale Operatori Sociali ReNOS saranno accolti in audizione dalla Commissione Parlamentare 7 (cultura, scienza e istruzione), riguardo alle legge 2656 Iori sulla professione dell’educatore e del pedagogista. L’audizione si svolgerà nell’aula delle Commissioni, a Palazzo Montecitorio a Roma.
La nostra posizione è ormai nota: apprezziamo la proposta di legge e la volontà di regolamentazione, anche relativa al percorso universitario, ma vogliamo portare il nostro contributo affinché tale legge non dimentichi gli educatori “senza titolo”, che da anni lavorano sul territorio, con competenze riconosciute e risultati effettivamente ottenuti. Questo per evitare che in un’identità professionale in costruzione si creino già due livelli distinti, un educatore di serie A e uno di serie B, per applicare finalmente un criterio meritocratico alla costruzione di tale identità e per scongiurare un problema occupazionale che potrebbe profilarsi enorme.
Andiamo dunque, su invito della stessa On. Iori, a dire la nostra in sede istituzionale, proponendo concretamente alcuni punti da aggiungere al testo di legge.
Educatori uniti contro i tagli
RENOS (Rete Nazionale Operatori Sociali
Comunicato di sostegno alla lotta per il riconoscimento della professionalità degli educatori senza titolo.
Negli ultimi mesi a Bologna gli Educatori Uniti contro i Tagli hanno portato avanti una mobilitazione molto urgente e attuale rispetto al riconoscimento della professionalità degli educatori senza titolo. Tale percorso, dopo essere passato per tappe significative, darà luce martedì 26 maggio ad un momento molto importante, ovvero ad un presidio sotto il palazzo della Regione Emilia Romagna, a Bologna in via Aldo Moro 50 dalle ore 9, durante l’assemblea del Consiglio Regionale, per fare pressioni affinché a tale tema venga finalmente dato il dovuto peso e la dovuta attenzione.
La Rete Nazionale degli Operatori Sociali Re.N.O.S. vuole comunicare il suo appoggio e il suo sostegno all’iniziativa di martedì, e alla campagna in generale, portata avanti fino a questo punto e si auspica, per un sempre maggior rispetto dei diritti del lavoratore e del cittadino e per un Welfare basato sull’equità e su livelli qualitativi alti, che percorsi di tale genere possano essere attivati anche in altre regioni d’Italia, fino ad allargare la questione ad un piano nazionale.
Rete Nazionale Operatori Sociali
Re.N.O.S.
6° INCONTRO RETE NAZIONALE OPERATORI ANCONA SABATO 23 MAGGIO 2015 SOCIALI
SABATO 23 MAGGIO 2015
– ore 11:00 Inizio “Incontro con operatori/trici sociali del territorio”
– ore 11:00-11:20 Presentazione esperienza “Radio senza muri”
– ore 11:20-13:30 Restituzione dei questionari-inchiesta della Rete di Ancona e confronto tra operatori/trici del territorio
– ore 13:30-14:30 Pranzo autogestito
– ore 14:30 Inizio “6° Incontro Rete Nazionale Operatori Sociali”
– ore 14:30-14:50 Approvazione in assemblea plenaria dell’odg e aspetti organizzativi
– ore 14:50-16:20 Discussione punto 1 dell’odg “Quali proposte-azioni per l’attuazione della Piattaforma: a livello nazionale, riflettiamo sulla necessità o meno di portare la Piattaforma in Parlamento; a livello locale, riflettiamo sull’assunzione da parte delle varie realtà che compongono la Rete di due campagne: lavoro estivo e riconoscimento dei titoli”
– ore 16:20-17:00 Discussione punto 2 dell’odg “Proposte sul lavoro estivo”
– ore 17:00-17:40 Discussione punto 3 dell’odg “Proposte sul riconoscimento dei titoli”
– ore 17:40-18:00 Sintesi per punti delle proposte emerse in assemblea e chiusura dei lavori
– ore 18:00-20:00 Presentazione del libro “La rivolta del riso. Le frontiere del lavoro nelle imprese sociali tra pratiche di controllo e conflitti biopolitici” con Renato Curcio
– ore 20:30 Cena
DOMENICA 24 MAGGIO 2015
– ore 09:00 Inizio assemblea plenaria
– ore 09:00-09:30 Aspetti organizzativi
– ore 09:30-11:00 Discussione per tavoli di lavoro
– ore 11:00-13:00 Discussione in assemblea plenaria delle proposte-azioni emerse
– ore 13:00-13:30 Restituzione dei lavori e approvazione da parte dell’assemblea delle azioni da rendere operative nei territori
– ore 13:30 Chiusura dei lavori
N.B. per permettere uno svolgimento dell’assemblea scorrevole, ma soprattutto per arrivare ad approvare contenuti e aspetti particolarmente operativi, è auspicabile che ogni gruppo territoriale puntualizzi nel proprio intervento (che non dovrà superare i 5 minuti) proposte operative e azioni attuative inerentemente agli argomenti proposti nell’odg.
METODO DI LAVORO. Prevalentemente si effettueranno interventi in assemblea plenaria, fatta eccezione per la domenica mattina nella quale dalle ore 09:00 alle ore 11:00 si svolgerà un confronto in gruppi di lavoro, costituiti da operatori/trici dei diversi territori, che elaboreranno una sintesi delle diverse proposte-azioni emerse durante l’assemblea inerentemente all’argomento specifico del gruppo di lavoro. I gruppi potranno essere: gruppo 1, attuazione Piattaforma; gruppo 2, lavoro estivo; gruppo 3, riconoscimento dei titoli.
BUON LAVORO A TUTT* E A PRESTO.
5° incontro della Rete Nazionale Operatori Sociali
Il Comitato Indignato.o.s.s. di Venezia il giorno 25 Ottobre 2014 organizza il 5° incontro della Rete Nazionale Operatori Sociali presso il Centro Sociale Rivolta a Marghera Venezia.
Annunciamo questo importante evento organizzato dai lavoratori in lotta di tutta Italia, per sensibilizzare il nostro territorio e il territorio nazionale dei feroci tagli avvenuti al welfare negli ultimi anni.
Per ulteriori informazioni inerenti alla partecipazione all’evento contattare via Facebook e tramite email Morena, Lidia e Lara. comitatoindignatooss@gmail.com
Auspichiamo la presenza attiva di altre realtà di lotta del sociale colpite quanto noi.
NOTE DEL COLLETTIVO OPERATORI SOCIALI DI NAPOLI PER LA COSTRUZIONE DI UN COORDINAMENTO NAZIONALE
La scelta di affrontare, come Collettivo operatori sociali di Napoli, le Politiche sociali prima di tutto in chiave politica è stata dettata dalla lettura dei cambiamenti che il mercato del lavoro ha subito negli anni tra il “Pacchetto Treu” e la legge 30. Fin dal principio è sembrato chiaro che le Politiche sociali fossero il luogo deputato ad una sperimentazione massiva e spregiudicata della cosiddetta contrattazione atipica.
Era evidente la convergenza tra gli interessi del pubblico e del privato sociale nel creare un sistema di servizi che producesse occupazione precaria e a basso reddito di lavoratori assai motivati, in grado di garantire servizi di qualità, ma tali da costituire un humus clientelare per maggioranze al governo e opposizioni.
In questo quadro si collocava l’assoluta assenza del sindacalismo di base ed un coinvolgimento marginale dei confederati, in particolare CGIL e UIL, interessati a settori come l’assistenza domiciliare e il socio sanitario, ma di fatto assenti sul versante precarietà. È dovuto trascorrere del tempo infatti prima che la CGIL facesse propria la categoria “lavoro precario” e non camuffasse la “precarietà” con la “flessibilità” tanto cara ad ex DS e a democristiani “progressisti”.
Secondo noi, la questione del rapporto tra committenza pubblica e privato sociale e, più in generale, del modello economico, di cui quello di welfare è figlio, va affrontato ponendo l’accento sulla precarizzazione del lavoro, perché ad accomunare situazioni assai diverse, dal punto di vista lavorativo e delle garanzie contrattuali, è un progetto, quello di creare intere generazioni precarie dal punto di vista lavorativo ed esistenziale. Il contrasto alla precarietà quindi non può esaurirsi nell’estensione all’intero comparto del CCNL.
Riteniamo infatti che, in un contesto assai eterogeneo, ridurre la piattaforma a questioni che attengono al Contratto contenga un rischio, quello di non includere un pezzo significativo dell’Universo degli operatori, forse quello più significativo della prospettiva politica che ci siamo dati.
A questo punto, però, riteniamo doverosa una precisazione. Il Collettivo non ha nessuna pregiudiziale nei confronti dell’azione sindacale, ma la considera un accessorio o una conseguenza di una visione politica.
Infine, può essere utile chiarire il nostro pensiero relativamente alla natura pubblica delle Politiche sociali.
Abbiamo constatato in questi anni che agitare la bandiera del pubblico o proclamare “bene comune” tutto ciò che ci interessi è cosa facile, quasi sempre condivisibile e altresì utile a guadagnare consensi, ma di per sé può non significare niente o a ben vedere, in alcuni casi, essere addirittura inaccettabile e in odor di reazionario.
C’è chi ritiene che condurre una battaglia (a voler utilizzare un termine nobilitante) sotto l’effige della FP CGIL sia un mezzo per avvicinare gli operatori sociali allo status di “dipendente pubblico” e per abbattere l’odiato privato sociale restituendo per magia alle Politiche sociali la loro natura esclusivamente pubblica. Se così fosse, non ci sarebbe bisogno di un coordinamento nazionale, cosa di cui invece avvertiamo la necessità. La FP CGIL è un sindacato di categoria, una struttura verticale di carattere nazionale; se si fosse posta come obiettivo l’assunzione nel pubblico impiego degli operatori sociali sarebbe sufficiente entrarvi e fare della sua battaglia la nostra battaglia…e viceversa. Purtroppo, al netto di farneticazioni narcisistiche, questa cosa non esiste, perché se esistesse la FP CGIL dovrebbe essere il sindacato più avanzato dal punto di vista della lotta di classe e dell’organizzazione del conflitto di tutta la Confederazione Generale.
Ma questo non è un problema che riguarda solo la CGIL: anche il sindacalismo di base, pur maggiormente sensibile alle tematiche della precarietà, propone azioni e iniziative troppo spesso appiattite sulle questioni contrattuali, dimenticando che quando i diversi fondi nazionali e regionali saranno completamente tagliati e le Politiche sociali torneranno ad essere declinazione dell’evergetismo, nei CCNL ci si potrà scrivere quel che si vuole tanto saranno carta straccia.
Appare un po’ fallace l’assioma che identifica la natura pubblica delle politiche sociali con il CCNL del pubblico impiego. Siamo sicuri che, mentre la società occidentale si riorganizza per fare a meno del welfare state, nostro obiettivo sia eliminare le 17 tipologie di contratto collettivo degli operatori sociali per essere assimilati al pubblico impiego?
Vogliamo e dobbiamo fare una battaglia perché le Politiche sociali restino un bene pubblico, e questo è sicuramente il nostro punto di partenza comune, ma che vuol dire “pubblico”?
Non è la natura giuridica dell’erogatore dei servizi a rendere o meno pubblici i servizi, ma la loro funzione sociale.
Se l’idea di cambiamento radicale è un’azienda pubblica di servizi alla persona, con un consiglio di amministrazione nominato da lavoratori e utenti, si corre il rischio di appiattire la lotta degli operatori sociali su una lotta per il “posto” pubblico.
Il problema non è tanto quello di scegliere tout-court un modello piuttosto che un altro, ma quello di impegnarsi in una lotta per qualcosa di radicalmente e realmente diverso, dato che quello che esiste evidentemente non va bene.
Siamo già molto in ritardo per contrastare l’evaporazione e il quasi azzeramento del finanziamento complessivo della spesa sociale a livello nazionale e locale; non siamo, come segmento di classe, riusciti a esprimere un discorso identitario che non sia l’immagine, ipocrita e cattolica, dell’operatore pietoso che si occupa di casi pietosi; non siamo ancora in grado di definire, dal punto di vista degli operatori sociali, quali sono i livelli essenziali che un contesto sociale deve esprimere per poter assicurare alle persone una vita dignitosa.
Per potersi dare una prospettiva che sia radicalmente altra, forse si dovrebbe partire dall’immaginare quale sia la funzione di fondo delle Politiche sociali, perché se la natura pubblica dei servizi non è una semplice questione di ordinamento giuridico, allora dobbiamo porci il problema di quale sia lo scopo di fondo che un operatore dovrebbe porsi quando si immerge nel cuore caldo delle contraddizioni che il Capitale apre all’interno del tessuto sociale: dovremmo chiederci se la sua mission sia il contenimento o piuttosto la maieutica; se debba ammortizzarli i conflitti o farsi attivatore di coscienze, portatore di consapevolezza presso i suoi utenti; se debba consolarli o svegliarli…ma per poter svegliare i suoi utenti, per poter agire da attivatore di coscienze, l’operatore sociale deve prima risvegliare la propria consapevolezza per individuare la propria coscienza di classe.
Questo ci piacerebbe che fosse il coordinamento nazionale, un soggetto politico che ponga immediatamente la questione del rifinanziamento della spesa sociale, che esiga l’apertura immediata della discussione sui livelli minimi di assistenza e che nel contempo lavori al suo interno per sviluppare un’identità che tenga insieme le differenti realtà delle Politiche sociali ricomponendo quella frammentazione che ancora oggi è la causa della nostra estrema debolezza.
Ci vediamo a Napoli, per affrontare la discussione e continuare la nostra lotta, il 15 marzo 2014 alle ore 15.00 c/o il Laboratorio Okkupato Ska in Calata Trinità Maggiore – nei pressi di piazza del Gesù.
Collettivo Operatori Sociali Napoli
La piattaforma (8)…infine ma non solo
Contro la precarietà
Essendosi ormai per lo più trasformate in “aziende come tutte le altre”, grazie al ruolo pessimo dei loro attuali dirigenti, le organizzazioni sociali, purtroppo, non si distinguono per coerenza nemmeno nella lotta contro la precarietà. La forma normale del contratto di lavoro nelle organizzazioni sociali dovrebbe essere quella del tempo indeterminato che – eventualmente – cesserà nel caso cessi il servizio in cui si opera. Per questo chiediamo:
- che non si usino i Contratti a progetto. Se proprio necessario, l’attuale legislazione prevede forme contrattuali di lavoro subordinato atipiche come i contratti a tempo determinato nel caso in cui vi siano le causali previste dalla legge: picco produttivo, esigenze tecniche, sostituzione di lavoratori come ad es. maternità). Tali contratti permettono a differenza dei contratti a progetto di godere della disoccupazione oltre a garantire una retribuzione pari ai lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
- Che non ci sia nessun tipo di assunzione a termine, a progetto, voucher o altro mentre ci sono lavoratrici o lavoratori in attesa di ricollocazione, in cassa integrazione o altro (come peraltro prescrive la legge).
Contro la giungla dei titoli di studio
Nell’arco di un ventennio la definizione dei percorsi formativi necessari a svolgere il nostro lavoro ha subito tali e tante modifiche da diventare una giungla, soltanto a vantaggio delle baronie universitarie tra le quali, ovviamente, ha fatto la parte del leone il potere medico. D’altronde questo accompagna sia i tentativi di controriforma della psichiatria, la deriva medicalizzante del lavoro sociale, la privatizzazione dei servizi di cura che molto spesso hanno come protagonisti e comprimari interessi privati in ambito sanitario. Noi chiediamo:
- Una semplificazione dei titoli di studio e l’eliminazione dei doppioni (come le molteplici lauree e titoli da educatore ecc.)
- Una forte valorizzazione dell’ esperienza maturata nei ruoli e nei servizi
- La possibilità di fruire di periodi retribuiti per acquisire nuove competenze, specializzazioni ecc.
- La valorizzazione della dimensione relazionale in ogni ambito dei lavori di cura, a cominciare dagli iter e skill formativi.
Dobbiamo ritrovare la solidarietà tra noi, che è la base del cooperativismo e del lavoro sociale.
Gli operatori sociali rivolgono prevalentemente la propria solidarietà ai soli utenti e poco verso i colleghi e la propria categoria.
Chi lavora nei servizi deve imparare a non sentirsi solo, In tutte le occasioni in cui una équipe o un collega si trova in una situazione problematica, quando le èquipe di lavoro sono investite da perdite o riduzioni di lavoro, quando un/a collega viene preso di mira e/o mobbizzato, quando ci sono litigi nelle équipe… Dovremmo re-imparare a solidarizzare nei servizi, ricordandoci che cooperazione vuol dire solidarietà concreta e fare insieme!
Quando il committente ci sta mettendo sotto pressione, quando istituzioni e sistema delle cooperative sembrano blindati nel negarci salario e dignità… dovremmo re-imparare a solidarizzare tra operatori e operatrici, ricordando che il sociale è di tutti, anzi, che il sociale siamo noi, e che loro possono tenerci sotto soltanto facendosi forti della nostra divisione, passività, paura e della nostra mancanza di solidarietà.
Per la piena applicazione delle regole legali e contrattuali
Troppo spesso le organizzazioni del privato sociale, sia non-profit che profit, invece di rispettare leggi e contratti, si rifanno le regole a loro vantaggio. Secondo la legge 142, i regolamenti interni delle cooperative, le procedure, le direttive non possono andare né contro le leggi, né contro il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Invece troppo spesso qesto accade. E’ perciò necessaria una vertenzialità aziendale costante per ottenere almeno il rispetto delle leggi e dei contratti esistenti. Possiamo qui fare solo qualche esempio, perché la casistica è sterminata:
- Lavoro notturno: l’operatore che svolge la propria attività lavorativa nella fascia oraria compresa tra le 22:00 e le 06:00 dovrà percepire le maggiorazioni corrispondenti e comunque proporzionate alle responsabilità dello stesso. L’applicazine delle cosiddette “notti passive” è illegale.
- Reperibilità:
come in qualsiasi posto di lavoro normale, è previsto dal CCNL che dove ci sia bisogno di reperibilità (es. sostituzioni nei servizi residenziali o semiresidenziali) questa debba essere retribuita 1,55 all’ora per un minimo di 4 ore. La reperibilità non può essere gratuita.
Cambi di gestione:
- nelle gare d’appalto deve essere sempre prevista una clausola di salvaguardia corrispondente all’articolo 37 CCNL Coop.Sociali che prevede l’obbligo, per l’ente subentrante, di integrare il personale già operante nel servizio, affinchè tale obbligo sia esteso a qualsiasi tipologia di società vinca la gara.
- fermo restando l’obbligo di assunzione da parte del subentrante, in caso di modifica e riduzione del capitolato d’appalto, gli operatori in esubero, individuati secondo i criteri di cui alla L. 223/91, dovranno rimanere in carico alla cooperativa uscente, con il mantenimento della retribuzione e di tutti i diritti acquisiti;
- Orario, straordinari, banca ore.
La cosiddetta “banca ore” è stata prevalentemente utilizzata come strumento per non retribuire integralmente il lavoro delle persone. Pur riconoscendo che spetta ai/alle colleghi/e di ciascuna azienda la decisione sul mantenimento o meno di questa forma, ci sono dei principi inderogabili:
- Ciascuno/a dovrà essere retribuito per l’orario indicato dalla lettera di assunzione, fermo restando il pagamento del lavoro supplementare e straordinario, anche nelle ipotesi in cui, per carenze organizzative del servizio, presti la propria attività per un monte ore inferiore.
- Le ore eccedenti il suo orario svolte da un part-time dovranno essere retribuite con la maggiorazione prevista per il “lavoro supplementare”.
- Eventuali “recuperi ore” sono da effettuarsi su richiesta del lavoratore/lavoratrice in modo concordato e non per scelta unilaterale dell’azienda.
Contratti part-time:
nei contratti part-time devono sempre essere specificate in maniera puntuale la collocazione oraria, giornaliera, mensile, annuale della prestazione lavorativa. Tale specificazione permette al lavoratore di organizzarsi e, quindi, di poter svolgere in regime di part-time un’altra attività.La variazione del monte ore del part-time non può avvenire per decisione unilaterale della cooperativa. Un part-time, come da CCNL, deve essere minimo di 12 ore settimanali e 52 mensili;
Sicurezza:
deve essere sempre garantita la integrità psico-fisica del lavoratore/trice, sia attraverso misure – obbligatorie per legge – di tutela della salute fisica (ausili, sollevatori ecc.), sia misure di tutela dallo stress-lavoro correlato (monitoraggi, supervisioni ecc.)
Qualità di socio
La lavoratrice e il lavoratore devono essere liberi di scegliere se aderire alla richiesta di diventare socio oppure no, senza che questo comporti ricatti o minacce riguardo al posto di lavoro o altro. A questo proposito devono ricevere adeguata informazione.
Riconoscimento come lavoro usurante
il lavoro di relazione con persone sofferenti, svolto spesso in servizi residenziali o semiresidenziali con turni sulle 24 ore è estremamente faticoso e usurante, al punto che in altri paesi europei gli/le operatori/trici possono spesso usufruire di periodi sabbatici e/o di studio e riqualificazione. Chiediamo:
- Organici adeguati per i servizi;
- Un rigoroso rispetto delle regole sulla turnazione, gli orari di lavoro, i riposi ecc.;
- Che si avvi un percorso per il riconoscimento delle caratteristiche usuranti del nostro lavoro con le relative conseguenze.
La piattaforma (7) diciamo si…
Per la tutela dei posti di lavoro.
Non è accettabile che vengano prodotti nuovi bandi di appalto che riducano i servizi alla cittadinanza o addirittura prestino i medesimi servizi… ma con meno personale o con inquadramenti e salari più bassi! Questi appalti vanno boicottati in tutti i modi, contestando i politici e i funzionari che li promuovono e le organizzazioni sociali e sindacali che li accettano.
In casi estremi, eventuali perdite di posti di lavoro devono essere ammortizzate utilizzando la cassa integrazione in deroga e i contratti di solidarietà. Ogni posto di lavoro dev’essere difeso!
Per la parità contrattuale e salariale e il rifiuto delle esternalizzazioni
Non è accettabile che lavoratrici e lavoratori del privato sociale vengano retribuiti anche 3-400 euro in meno dei dipendenti pubblici ed abbiano norme contattuali molto peggiori. Non è accettabile che interi servizi o settori gestiti dagli enti Pubblici vengano dati da gestire ai privati mediante appalti, accreditamenti, concessioni o altre forme di esternalizzazione. Questo, lo sappiamo, è solo un modo per peggiorare le condizioni del servizio e di chi lavora, togliendo soldi e tutele. Chiediamo invece regole certe e l’unificazione dei 17 contratti diversi che si applicano nel privato sociale. Tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore devono avere un solo CCNL: il contratto del pubblico impiego nelle sue articolazioni della Sanità e degli Enti Locali, perché la nostra è una funzione di pubblica utilità e di pubblico servizio, in cui svolgiamo lo stesso lavoro di un collega pubblico dipendente, anzi : spesso di più!
Come prima misura chiediamo aumenti salariali tali da parificare i contratti del privato sociale a quelli pubblici di pari livello.
Per l’applicazione delle leggi sul lavoro, sempre.
Ultimamente, con una interpretazione truffaldina e autoritaria delle leggi, molti tribunali stanno trasferendo la competenza sulle vertenze di lavoro all’interno delle cooperative dalla sezione “cause di lavoro” a quella “cause societarie”, con la scusa che si tratterebbe di litigi tra soci. Peccato che le cause societarie abbiano un costo altissimo e durino anni. In questo modo si toglie di fatto a chi lavora nelle cooperative il diritto alla tutela legale. Questa prassi deve cessare immediatamente, insieme a quella di usare l’esclusione come forma “astuta” di licenziamento, come stanno facendo alcune cooperative.